Si svolgerà dal 9 Maggio al 22 Novembre 2015 ai Giardini e all’Arsenale di Venezia la 56° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia curata da Okwui Enwezor, coinvolgerà 53 Paesi e avrà come titolo: All the World’s Futures.
«Le fratture che oggi ci circondano e che abbondano in ogni angolo del panorama mondiale, rievocano le macerie evanescenti di precedenti catastrofi accumulatesi ai piedi dell’angelo della storia nell’Angelus Novus. Come fare per afferrare appieno l’inquietudine del nostro tempo, renderla comprensibile, esaminarla e articolarla? I cambiamenti radicali verificatisi nel corso degli ultimi due secoli hanno prodotto nuovi e affascinanti spunti per artisti, scrittori, cineasti, performer, compositori e musicisti. Ed è riconoscendo tale condizione che la 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia propone All the World’s Futures, un progetto dedicato a una nuova valutazione della relazione tra l’arte e gli artisti nell’attuale stato delle cose», così ha presentato la Okwui Enwezor nella conferenza stampa di presentazione del progetto assieme al presidente della Biennale Paolo Baratta.
All the World’s Futures non sarà strutturata su un tema unico omnicompresivo, ma su tre filtri sovrapposti che riassumono l’idea di una riflessione in chiave storica sull’attuale “stato delle cose” e sulla loro apparenza: Vitalità: sulla durata epica; Il giardino del disordine; Il Capitale: una lettura dal vivo.
Eleggendo come centro della Mostra l’esposizione intesa come palcoscenico, Vitalità sarà «la drammatizzazione dello spazio espositivo come evento dal vivo in continuo svolgimento e proporrà delle opere che esistono già, ma chiederà anche dei contributi che saranno realizzati appositamente ed esclusivamente per questa Mostra». Il giardino del disordine utilizzerà, invece, lo spazio e il tema dei Gardini come metafora attraverso cui esplorare lo “stato delle cose” e sito ultimo di un mondo disordinato, di conflitti nazionali e di deformazioni territoriali e geopolitiche. Il Capitale: una lettura dal vivo, infine, avrà come centro una preoccupazione dilagante al centro della nostra epoca fin dalla pubblicazione dell’opera di Marx Il Capitale: Critica dell’economia politica nel 1867.
Nel suo intervento il presidente Paolo Baratta ha voluto invece porre l’accento sulla continuità di un progetto di mostra riformata iniziata nel 1999:
«Non rinnegammo la Biennale per padiglioni, ma aggiungemmo a essa in via definitiva una nostra grande Mostra Internazionale autonoma. Predisponemmo nuovi grandi spazi e nominammo un curatore per questo progetto ambizioso. Una grande Mostra Internazionale, e non più sezioni internazionali aggiunte volta a volta alla mostra del curatore del Padiglione Italiano. Un curatore internazionale per la nostra Mostra Internazionale e mai più comitati o commissioni. Il modello funzionò, e in questa nuova vitale formula duale il numero dei paesi che chiesero di partecipare aumentò. Sono trascorsi 15 anni da quella riforma e dall’avvio di questa nuova storia. Ed è grazie a quella scelta strategica che oggi un curatore come Okwui Enwezor (come i suoi più recenti predecessori) può proporci, non una “sezione”, ma un progetto di Mostra Internazionale ispirata dall’ambizione di offrire al mondo una cassa di risonanza del mondo».
«La Biennale – precisa, poi, Baratta – è una Mostra d’Arte, non una mostra mercato. Oggi, di fronte ai pericoli di scivolamenti conformistici verso il noto, il consueto e il sicuro, l’abbiamo denominata la “Macchina del desiderio“. Mantenere alto il desiderio di arte».
«Non è la prima volta – conclude Baratta – che una mostra ha davanti a sé un mondo fatto di insicurezze e turbolenze mentre il “giardino del mondo” ci appare un “giardino non ordinato”, ma non è neppure la prima volta che a una realtà complessa una mostra reagisca con entusiasmo ed energia vitale come fa questa che ci accingiamo a realizzare».
Didascalia
Paolo Baratta, presidente della Biennale (a destra), e Okwui Enwezor, curatore della 56° Esibizione Internazionale d’Arte (a sinistra).