“Find your way!” È questo il motto del futuro mondo del lavoro e del workplace, secondo la trend expert Birgit Gebhardt, intervenuta all’evento “L’evoluzione dello Smart Working: ripensare il lavoro, ridisegnare lo spazio”, presso lo showroom Dieffebi a Milano. Un ambiente costruito attorno a network e a dati, dove lo spazio si personalizza in una cultura basata sulla comunicazione e collaborazione.
Siamo in un momento in cui l’ufficio sta perdendo il suo WOW effect e la sua centralità, soppiantato da spazi terzi che permettono di svolgere il proprio lavoro in maniera più adatta alle esigenze individuali e a volte più efficace e creativa: come ripensare allora l’ufficio per fare in modo che giochi ancora un ruolo importante nel futuro?
Birgit Gebhardt è intervenuta a proposito lo scorso 10 ottobre, nell’evento organizzato nel palinsesto dei Brera Design Days presso lo showroom Dieffebi che, proprio nell’occasione, festeggia il primo anno dall’apertura.
La studiosa tedesca è partita da un’analisi del cambiamento strutturale in cui sono immersi il mondo del lavoro e la società attuale: da una struttura focalizzata sull’industria, e che trovava in “standardizzazione” e “massificazione” le sue parole chiave, si sta passando, nell’era digitale, a una struttura che mette al centro il network e lo scambio massivo di dati, permettendo una maggiore focalizzazione sull’individuo. Se il motto era precedentemente “big, faster, cheaper, further” oggi è diventato “unique, as many as needed, on the spot, feasible by anybody”.
Il design dell’ambiente di lavoro diventa così la chiave per favorire e porre l’accento sulla comunicazione, non più per strutturare e definire rigidamente i processi, ma per fornire un palcoscenico per diverse performance e competenze.
Uno spazio che, grazie alle nuove tecnologie IoT, diventa intelligente, capace di portare ovunque e sempre la comunicazione, emozionale e in grado di influenzare la nostra creatività e i nostri stati d’animo.
L’ufficio ha dunque bisogno di una “architettura della comunicazione”, capace attraverso la trasparenza, la non gerarchizzazione, la continua malleabilità e interazione con l’utenza di creare uno spazio dove l’individuo possa esprimere, far crescere e imparare nuove competenze.
“Non abbiate paura di provare qualcosa di totalmente diverso o pensare in una direzione totalmente differente”, ha suggerito Gebhardt, mostrando diversi esempi tratti da scuole e uffici disegnati prendendo spunto da diversi modelli di comunicazione umana.
Come fare, però, a costruire uno spazio efficiente, in grado di veicolare queste idee, che non si preoccupi più della “struttura della macchina”, ma della “struttura della collaborazione e della comunicazione”?
Ecco un’altra formula, per dirla in maniera semplice: “varietà di codici, multiprospettiva e cultura dell’apprendimento”.
Bisogna tenere innanzitutto a mente che lo spazio è sempre percepito attraverso una memoria emotiva individuale e che quindi bisogna creare una reciproca adattabilità tra spazio e persona, che non imbrigli o deprima l’individuo, ma che sia in grado di farne esprimere a pieno il potenziale. Non è solo la persona che deve adattarsi alla situazione, ma è anche lo spazio che deve adattarsi alle persone che vi abitano: “Hai bisogno di toccarlo e di cambiarlo. Se c’è troppo design le persone non faranno nessuna di queste cose”, ha commentato Gebhardt.
In secondo luogo, seguendo le ricerche neuropsicologiche sulla creatività, è importante che vi siano spazi che permettano una “non focalizzazione”, basati sulla libertà di trovare la propria situazione ideale e sul “lasciare che le cose accadano”. Un ambiente, cioè, che si avvicini maggiormente agli atelier o ai laboratori degli artisti, capaci di fornire diverse stimolazioni sensoriali, anche e soprattutto attraverso aree relax stimolanti o luoghi di incontro.
Infine è uno spazio dove l’apprendimento deve poter essere libero e costante, dove ognuno può imparare di continuo, attivamente e passivamente, dall’incontro con chiunque, un “landscape of learning” basato sulla self-organization, dove il focus principale non sia più su ciò che manca, ma sull’opportunità, non più sulla iper-specializzazione, ma sullo sviluppare sempre nuove prospettive e punti di vista.
Testo di Gabriele Masi.
foto da New Work Order ,bBirgit Gebhardt
Didascalia:
1. La Scuola di Atene, Raffaello: un modello per i workplace contemporanei
2. Pittogrammi metaforici usati Rosan Bosch per descrivere i modelli di comunicazione.
3. Ørestad Gymnasium, Danimarca, foto di Adam Moerk