Frida Doveil, ambasciatrice del design italiano, sintetizza per WOW! la sua conferenza in occasione dell’Italian Design Day 2018 (2 marzo 2018, Istituto Italiano di Cultura a Parigi) e descrive i dieci atteggiamenti che meglio possono favorire la cultura della micro-sostenibilità.
La cultura italiana del design ha dovuto gran parte del suo successo internazionale alla coesistenza di due aspetti: l’Eccellenza nel Fare, che è stata alla base delle Fabbriche Italiane del Design; e la figura del Designer-Pensatore, un tipo di progettista che non si limita a fornire delle soluzioni ma è capace di interrogarsi, muovendosi liberamente su più fronti: tecnici, estetici e di senso.
Il corto circuito fra questi due aspetti è stata una costante della cultura italiana del design, che ha prodotto ottimi frutti, favorendo la diffusione, il rispetto e il riconoscimento nel mondo della qualità alta di design come un valore.
E’ indubbio che la sostenibilità deve essere macro, per riparare questo nostro pianeta instabile. Perché allora parlare di micro-sostenibilità diffusa?
Ogni nuova cultura ha avuto bisogno, per affermarsi, di trovare strade capillari di penetrazione, e il design, così come la moda o il cibo italiani di qualità hanno le caratteristiche per divenire straordinari seminatori di una micro-sostenibiltà che, se diffusa, favorirebbe il volano del cambiamento culturale.
E’ il momento per trasformare il sistema Italia in un testimone d’eccezione e ridare significato alla produzione di design, perché ritrovi nella circolarità del fare le sue radici storiche.
Dieci atteggiamenti per favorire una micro-sostenibilità diffusa.
Quali sono gli atteggiamenti che meglio possono favorire la cultura della sostenibilità?
Ne vorrei citare dieci, fra quelli che hanno radici nella storia della cultura italiana di progetto, cui guardare come altrettante logiche di semina nelle quali riconoscere un’italianità contemporanea che guarda avanti.
L’atteggiamento dell’Apripista. E’ l’atteggiamento di design visionario, che innova introducendo nuovi paradigmi.
Il progettista-pensatore all’italiana è abituato a muoversi a zig-zag: sperimenta, si confronta con i saperi artigiani, ma allo stesso tempo sa misurarsi con le logiche della grande industria, e a volte è lui stesso imprenditore, ma piuttosto particolare, che ragiona con le logiche della cultura del progetto e ne fa uso come opportunità per innovare.
L’atteggiamento del Responsabile. E’ il design che si fa interprete di nuove logiche d’uso, e che riguarda l’etica d’impresa.
Nel segno di Adriano Olivetti: la sua impresa fondata sul design, è stata forse la prima impresa sociale così come la intendiamo oggi.
L’atteggiamento dell’Attivatore. E’ il design che dà forma alle innovazioni tecniche.
In questo momento in Italia c’è un crescente ingresso di start-up ambientali nel sistema design secondo un’abitudine tutta italiana a utilizzare il design come valorizzatore delle innovazioni tecniche, che lo fa essere oggi modello di riferimento a livello internazionale.
L’atteggiamento del Narratore. E’ il design che lavora sui paradossi visivi per assegnare agli oggetti una personalità, forse un’anima, da amare.
La sostenibilità può trovare una buona strada di diffusione se gli oggetti che la contengono sono empatici. Un design narrativo ha la capacità di spostare l’attenzione dall’etica all’estetica.
L’atteggiamento Silenzioso. E’ il design che lavora a nuovi archetipi di lunga durata; e che riaggiorna gli standard attraverso reinterpretazioni formali non legate allo stile, a favore di nuovi archetipi di lunga durata. Oggetti normali, che possano sopravvivere al di là delle mode: sostenibili perché dureranno 30, 40, 50 anni.
L’atteggiamento Rispettoso. Il design che rispetta la materia, la valorizza e promuove un consumo minimo dei materiali rari.
La cultura di progetto assume il compito di valorizzare la bellezza propria di ciascuna materia, che spesso significa anche rispetto dei saperi, dei territori, e del fare artigiano.
L’atteggiamento del Transfiguratore. Il design che trasfigura ciò che è esausto, vecchio, imperfetto e non più desiderabile, dandogli nuova dignità estetica.
L’eleganza dell’imperfezione come paradosso, in opposizione alla non-sostenibilità della cultura modernista, votata al perfezionamento del nuovo, che aveva finito per dimenticare i destini anche estetici del “dopo”.
L’atteggiamento Bio-orientato. E’ quello del design socialmente attivo, attento alla bio-diversità soprattutto culturale.
Il design che realizza esperimenti di co-progettazione partecipativa, utilizzando materiali, mano d’opera e creatività del luogo; ma anche quello che si ricava un ruolo nelle pratiche urbane di relazione con la natura.
L’atteggiamento del Riparatore. E’ il design che promuove le logiche della riparazione come espressione di una migliore relazione con le cose, e che significa una sostenibilità non solo fisica del progetto, bensì anche immateriale, legata a sanare la Relazione in crisi con le persone e con le cose.
L’atteggiamento dell’Affascinatore. E’ il design che sa colpire nel segno, facendo innamorare della buona causa più di qualunque denuncia.
Design italiano è anche questo: rendere ciò che è problematico, come la prevaricazione sull’ambiente naturale, popolare con lievità, trasformando il successo di un progetto di design in un omaggio alla sostenibilità ambientale.
Testo di Frida Doveil.
(sintesi dell’intervento per Italian Design Day 2018 a Parigi)
Didascalie
1 Planisfero Instabile, schizzo di Frida Doveil per IDD Parigi, febbraio 2018.
2 Transfiguratore. Formafantasma Studio / Ore Streams, arredi per ufficio da rifiuti elettronici.
3 Frida Doveil all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, il 2 marzo scorso, per l’IDD 2018. (foto Erik van Huisstede)