Spazio – Persone – Tecnologia. È questa la nuova triade di valori dello Smart Working delineata durante l’incontro Smart Working: Detto, Fatto organizzata da DEGW e Lombardini22. Lo Smart working non è, infatti, un ragionamento di stile o di moda, ma un tema economico e di management collegato a degli obiettivi: un salto concettuale verso una cultura di impresa basata sul performance management e in grado di liberare energie.
“Oggi viviamo una grande metamorfosi. Siamo in quella fase in cui le regole precedenti non valgono più, ma non siamo ancora pronti a scrivere quelle nuove. E forse qualcuno ci sta anche dicendo che di regole ce ne saranno molto poche…”, ha aperto così l’evento Matteo Barone, managing partner e responsabile dell’area Employee Engagement di Methodos. “Una volta c’era la regola ferrea delle 3 P dell’organizzazione: posizione, prestazione e potenziale (people, place, performance). Ho una persona con un certo potenziale, la metto in una certa posizione e mi aspetto che produca una prestazione. Una di queste P, quella della posizione, è messa oggi in seria discussione, mentre la P del potenziale è cresciuta in maniera ipertrofica. Un salto concettuale: meno vincoli, meno perimetri, e spazio a tutto ciò che consente al potenziale che ha all’interno ogni azienda di esprimersi.”
Spazio. La concezione del lavoro agile e dello smart working ha portato a una evoluzione della concezione dell’ambiente di lavoro. Nella progettazione di uno spazio l’azienda deve tenere conto di nuovi fattori tra cui il tempo trascorso effettivamente in ufficio dai suoi impiegati, oggi mediamente 50% dell’intero orario di lavoro, e il tipo di attività svolta (prettamente collaborativa o individuale).
Come ha sottolineato Alessandro Adamo, consulente e direttore DEGW, infatti, “la fase più importante quando si vuole impostare un progetto di smart working è la messa a punto, in cui viene definita la vision e gli obiettivi, quanto si vuole e, soprattutto, quanto serve all’azienda spingere l’acceleratore verso una tale trasformazione”.
Un altro tema legato allo spazio è quello della condivisione del posto di lavoro. La progettazione non avviene più in ottica di postazioni fisse, ma ogni ambiente è costruito con una funzione, in base alle attività che gli impiegati andranno a svolgere in esso. Alcune aziende hanno spinto questa innovazione fino alla “non territorialità”, dove nessuno, neanche l’HR, ha una postazione dedicata. Una scelta che porta con sé problematiche legate soprattutto alla privacy.
“C’è un tema spazio e un tema modalità di utilizzo dello spazio”, continua Alessandro Adamo. “Nel momento in cui si implementano concetti diversi, bisogna adottare una modalità di comportamento diversa”.
Da rilevare anche la tendenza alla brandizzazione dello spazio, elemento fondamentale di percezione della filosofia e della rappresentazione del business dell’azienda, e l’attenzione allo sviluppo delle aree break e in-between, luoghi di incontro informale, in linea con le nuove ways of working.
Persone. Puntare verso lo smart working richiede un cambio di mentalità enorme, soprattutto da parte del leader, che deve accettare il passaggio da una leadership fondata sul controllo, a una basata sull’accountability.
Come testimoniano i cambiamenti dello spazio, si sta assistendo ad un capovolgimento della piramide lavorativa, dove il cambiamento non avviene più in una logica top-down, ma bottom-up.
Una delle più importanti problematiche che un’azienda deve affrontare nel passaggio al lavoro agile, come si era già sottolineato nelle jelly Session tenute presso l’Isola Wow! Lavoro Agile, è quella di una certa diffidenza da parte del personale. Ogni progetto è chiamato a rispondere alla domanda: come convertire questa paura in entusiasmo?
Progettazione e coinvolgimento, ascolto e comunicazione, people management e performance management, sono le parole chiave che devono guidare ogni trasformazione. “Quando si parte con un progetto pilota tutti hanno paura di essere selezionati. Però il cambiare qualcosa che fa paura porta a dei benefici organizzativi sostanziali”, conclude Alessandro Adamo. “Una volta mi hanno detto: “è cambiato l’umore delle persone”. Tradurre in numeri questo cambiamento è difficile, ma dal momento in cui cambia l’umore, lo spirito di squadra e la percezione dell’organizzazione, automaticamente la produttività aumenta”.
Tecnologia. La tecnologia è il driver principale di un cambiamento che sta avvenendo in maniera così veloce che non è più una scelta di qualche illuminato, ma una necessità.
La tecnologia non solo ha reso più flessibile la gestione dell’orario di lavoro, ma ha anche allargato lo spazio dell’azienda in una vera e propria “espansione digitale”.
“Dovunque io riesca a collegarmi al corpo digitale dell’azienda, in quel momento io sono dentro, è come se fossi lì”, spiega Michele Dalmazzoni, Collaboration country leader e business transformation Cisco Italia.
Due sono i paradigmi della ricerca per la tecnologia in ufficio: deve essere facile e integrata, racchiusa il più possibile in un unico device.
“È come quando vendi un giocattolo”, conclude Michele Dalmazzoni. “Non devi venderlo solo alla mamma, ma anche al bambino. Non si possono creare prodotti tecnologici che vadano bene solo all’IT. Quando si progetta tecnologia per l’ufficio al primo posto bisogna mettere la user experience, prima anche di altri parametri importanti come l’avanzamento tecnologico e la sicurezza”.
Testo di Gabriele Masi.