Oltre venti anni fa, insieme a Isao Hosoe e a un affiatato team, organizzammo per Domus Academy una mostra alla Triennale di Milano intitolata “Incontri di Lavoro” (curai anche l’omonimo catalogo di Domus Academy Edizioni). Sollevò notevole scalpore che tra le sette parole chiave individuate come possibile partenza per ripensare l’ufficio comparisse anche l’elemento “erotismo”.
Sembrava che l’ufficio, risultato del design funzionalista e razionalista, non dovesse confrontarsi con tematiche antropologiche, fantasmi negati, che esulassero dal lavoro, dalla produzione.
Anche se gli accessori mammelliformi di Hosoe, la rosea e tondeggiante calcolatrice Divisumma Olivetti di Mario Bellini e poche altre eccezioni avevano già introdotto nel workplace il segno della seduzione, l’ufficio, come anche buona parte del design del 20°secolo, continuava ad ignorare la sessualità; il corpo veniva preso in considerazione solo per gli aspetti legati all’ergonomia e al comfort produttivo.
Ora, proprio in Triennale, l’interessante e inconsueta mostra “Kama. Sesso e Design” curata da Silvana Annicchiarico dal (5 dicembre al 10 marzo 2013) dopo la lunga fase di negazione del design “modernista”, vuole dimostrare, che il sesso si può esprimere anche nel design. Indaga modi, forme e strategie con cui la sessualità si incorpora nelle cose e ne fa strumento di conoscenza. Per chi le progetta, ma anche per chi le usa.
“Questa mostra nasce dalla necessità e dalla volontà di riconsegnare al design la sua facoltà di dare risposte “materiali” e “oggettuali” ai grandi nodi ontologici dell’esistenza.- afferma la curatrice Silvana Annicchiarico – Ha l’ambizione di essere una mostra sugli oggetti che hanno come matrice morfologica gli organi genitali e sessuali, ma anche le relazioni sessuali che il corpo intrattiene con altri corpi. È una mostra che studia come il sesso si deposita negli oggetti di uso quotidiano”. Archetipi e oggetti di culto del design si alternano.
L’Atlante anatomico del corpo erotico reificato, articolato in otto sezioni è il Cuore della mostra: rintraccia radici storiche, mitiche e antropologiche per arrivare fino ai giorni nostri, con circa 300 fra reperti archeologici, disegni, fotografie, oggetti d’uso e opere di artisti e designer internazionali.
Dai Tintinnabulum dell’antica Roma alle sedie Him e Her di Fabio Novembre; dalle ciotole della Grecia antecristo al divano Mae West di Salvador Dalì, fino ai provocatori 400 calchi di genitali femminili del The Great Wall of Vagina di Jamie McCartney.
In parallelo, otto progettisti internazionali –Andrea Branzi, Nacho Carbonell, Nigel Coates, Matali Crasset, Lapo Lani, Nendo, Italo Rota e Betony Vernon – si confrontano con questo tema attraverso inedite installazioni site-specific molto diverse tra loro.
Branzi interpreta l’Eros come manifestazione di energia cosmica ed esplora la relazione tra sesso e morte; Lani evidenzia la valenza tragica con un lessico volgare da periferia inciso con il punteruolo nel catrame di una buia e muta architettura; Nendo esprime la sensualità, o meglio la seduzione, nel design di diafane ciotole che sembrano in leggera porcellana, ma sono in silicone e vibrano con movimenti fluidi di fronte a un ventilatore, suscitando nel visitatore l’irresistibile desiderio di toccarle; Vernon, che da anni lavora sul rapporto tra design e sesso attraverso i suoi gioielli, qui utilizza il marmo per un “monumento al sesso” che celebra l’amore tra uomo e donna; Coates inserisce nelle sue ambientazioni riferimenti alle parti del corpo umano che erano “vietati” dal design tradizionale ma che dominano nella città; Crasset allestisce uno spazio dedicato ai complici rituali tra due persone con libri erotici come attivatori del desiderio; Carbonell propone un percorso di scoperta non privo di difficoltà che conduce all’interno dell’utero; Rota ci regala un giardino delle delizie che ognuno può interpretare come vuole.
Nei corridoi ci affascinano le Ossessioni magistrali di Alchimia, Piero Fornasetti, Carlo Mollino, Gaetano Pesce e Ettore Sottsass e la rassegna Disjecta membra con opere di Paola Anziché, Francisco e Casilda Figueiredo, Anila Rubiku, Jemina Stelhi.
La curatrice si interroga: Quando il design è erotico?
Quando deposita nel progetto una tensione desiderante?
Quando rende l’oggetto – o lo spazio- fertile e propiziatorio?
Quando scatena la sensorialità delle cose ed esalta la loro pelle?
Quando sollecita a percepire le cose con i sensi prima che con la ragione?
Quando fa sì che le cose sprigionino e liberino, prima di tutto, sensazioni?
Di Renata Sias
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