Tra i mille eventi della Milano Design Week uno era veramente imperdibile: la lecture di Paola Antonelli “Design e Musei del Futuro” organizzata a Palazzo Reale da Meet The Media Guru (se ve la siete persa: il video integrale è online): una visione di progresso attraverso il design che va ben oltre il banale progetto di prodotto, più o meno innovativo, che domina il “comune senso del design” e le manifestazioni che su questo si basano.
Difficile sintetizzare quell’ora ricca di stimoli che Paola Antonelli, Senior Curator della sezione architettura e design e Direttore della Ricerca e Sviluppo del MoMA di New York, ha regalato al pubblico.
Ha parlato dell’evoluzione del design nell’era della condivisione e della creatività diffusa (ben sintetizzata nel simbolo @ che dal medioevo ad oggi rappresenta la connessione), dell’Open Source come nuova frontiera del design che cambia sostanzialmente il sistema della proprietà intellettuale.
Ha raccontato case story di un design che non è fantascienza perchè è plausibile e sa tradurre le grandi innovazioni tecnologiche in oggetti che possiamo usare tutti i giorni, un design che fonde alta tecnologia e artigianato per creare strutture organiche utili per il progresso e per il futuro della Terra.
Un design critico che ci porta a ripensare i nostri pregiudizi e può cambiarci profondamente, ma si collega al nostro senso estetico e poetico più antico.
Un design che ci porta a pensare anche alla possibile estensione delle nostre potenzialità fisiche. Per esempio, un team di artisti, hacker e programmatori ha progettato una tecnologia basata su un codice della scrittura tramite pupilla che ha reso possibile a un artista paralizzato realizzare i suoi graffiti a distanza usando occhiali laser (disponibili online a 60$).
Antonelli presenta molti altri esempi concreti: un oggetto in bambu del designer afgano Massoud Hassam che si muove mosso dal vento come un soffione, per brillare a basso costo i campi minati; un tappeto da preghiere in OLED che si illumina quando è rivolto verso La Mecca; le strutture organiche di Neri Oxman realizzate dai bachi da seta; il “formaggio umano”, la macchina delle mestruazioni per far provare anche agli uomini questa sensazione; i cannoni che sparano armi non violente come la schiuma immobilizzante; la tecnologia 3D printing per realizzare sedie riciclando vecchi frigoriferi oppure sabbia e sole del deserto per creare vasi.
I paradigmi di questa evoluzione del nuovo design sono ben sintetizzati nella tavola redatta dai designer londinesi Dunne & Raby proiettata nel corso della lettura.
É chiaro che il design deve espandersi come si espande il mondo, non può essere limitato al progetto di oggetti “da possedere”.
Il futuro del design va in questa direzione e non importa se sarà necessario bruciare un po’ di sedie e oggetti inutili, come aveva intuito Alessandro Mendini nella sua lungimirante performance del 1971 che affascina Antonelli e noi tutti.
Editoriale interattivo di Renata Sias, direttore di WOW! Webmagazine
Nell’immagine lo schema elaborato dai designer Dunne & Raby.