“999.Una collezione di domande sull’abitare contemporaneo”, la mostra curata da Stefano Mirti che si apre oggi alla Triennale di Milano, non è una “bella mostra” nell’accezione tradizionale.
E’ un souk caotico , vivo e in evoluzione, proprio come lo è la casa e il senso dell’abitare stesso. Un concetto sottolineato dall’allestimento di Petra Tikulin: impalcature in tubi Innocenti, che rimandano all’idea di work in progress. Strutture provvisorie che delimitano in modo approssimativo le aree dedicate ai numerosi progetti raccontati in questa esposizione: un viaggio tra diversi continenti, tra fisico e virtuale, tra oggetti materiali e servizi immateriali, tra tecnologie e rituali. Forse l’obiettivo non è trovare 999 risposte, ma generare altre domande.
Bravo Stefano Mirti che riesce a raccontare l’abitare contemporaneo uscendo dagli stereotipi e senza cadere nella seduzione dell’ambientazione di “buon gusto” o delle impersonali “camere” arredate con griffati masterpiece del design. Perché l’abitare reale è dinamico e disordinato e non corrisponde alla statica immagine patinata che ci propongono le riviste di architettura.
999 è una mostra “narrativa, difficile e coinvolgente, un workshop collettivo che non può essere fruito in modo passivo, ma richiede da parte del visitatore energia, apertura mentale e uno sforzo per entrare in immaginari, logiche e culture che declinano l’idea di abitazione in modi inediti.
Un nuovo format di mostra, iniziato sui social qualche mese fa, che continuerà a vivere anche dopo la data di chiusura in molti progetti che qui sono stati concepiti.
La mostra tesse la sua trama sui concetti di community, co-design e share economy e si arricchisce “secondo il principio dei vasi comunicanti”, come spiega Mirti, coinvolgendo scuole, istituzioni e aziende.
Non è sufficiente visitarla una volta sola perché per capirla bisogna entrare -anche mentalmente- nelle diverse ambientazioni, interagire con i molti co-curatori (oltre 50) e ascoltare diversi racconti ed esperienze. Inoltre il palinsesto degli eventi e delle conversazioni che si svolgeranno quotidianamente è parte integrante di ciò che si vede esposto (il biglietto da 9 euro prevede infatti la possibilità di accessi successivi al costo di 2 euro).
Per meglio comprenderla è utilissimo il piccolo catalogo(graphic design Quattrolinee, Print Club Torino) con una grafica dura e discontinua perfettamente coerente con la mostra.
L’allestimento.
Il racconto inizia all’ingresso dove, appese con mollette sui fili della biancheria come nella migliore tradizione delle case popolari, sono a disposizione dei visitatori le Energy Bag firmate da Edison (main partner delle mostra).
Il contributo di Edison è anche nella prima stanza che apre il percorso con un’installazione digitale, una sorta di immersivo caleidoscopio LED che sintetizza esperienze e relazioni legate all’abitazione.
Poi si entra nel grande salone delimitato dalle impalcature e dai tendoni drappeggiati –forniti da Caimi Brevetti, partner della mostra– che sostituiscono pareti o separazioni rigide, proprio come avviene nelle abitazioni di altri Paesi, in particolare in Oriente.
Qui il percorso, costellato da piccoli templi dedicati agli Spiriti protettori della Casa, si snoda in modo vivace e discontinuo tra visioni, luci, manufatti, voci e rumori che le tende in Snowsound Fiber, nonostante le elevate performance acustiche, a malapena riescono ad attutire.
In questo spazio, visivamente e acusticamente chiassoso come lo è quello di ogni città o metropoli, prendono forma i più vari immaginari dell’abitare, del lavorare e dell’ospitalità, gli ambienti per tanti diversi stili di vita che spaziano dal cohousing al coworking; dalla casa vista da un malato di Alzheimer alle storie dei condomini di periferia, dall’hotel portatile che mette in scena e rende itinerante lo spazio l’existenz minimum, alla casa-bottega dove si può lavorare e anche creare una stamperia; dal sistema idroponica intelligente per creare l’orto domestico in una serra che non richiede manutenzione, fino al progetto per generare consapevolezza sulla realtà di chi la casa non ce l’ha più: 999 piccole casette in marmo di Carrara messe in vendita e il cui ricavato sarà devoluto a chi ha perso la propria abitazione a causa del terremoto.
Alcuni tra i progetti.
Tam Tam (Alessandro Guerriero con Antonio Zuiani) affronta il tema della casa come “nebulosa che pulsa ininterrottamente” come mescolanza di radici culturali, antropologiche e di costume che “dà vita a un cambiamento interminabile”. Gli architetti del mitico gruppo Alchimia (Branzi, Mendini, De Lucchi, Puppa, Raggi, ecc) tornano a riunirsi e si soffermano sul Modulor di Le Corbusier per per trovarne un successore, dando forma a nuovi Lari della Casa.
Caimi Brevetti, oltre a contribuire all’allestimento come partner fornendo le tende in Snowsound Fiber appese alle strutture, affronta il tema del “sentire bene per sentirsi meglio” propone soluzioni acustiche che possono arredare un ambiente e offre l’esperienza di un tunnel sensoriale per esperire il benessere acustico e tattile.
Manerba, che con la filosofia “My office is my Home” intercetta nuovi modi di abitare e lavorare, in qualità di partner tecnico, arreda ironicamente la ”Zona Talk” dedicata alle conversazioni come un “Indecided Space” utilizzando le omonime poltrone ruotanti in diverse dimensioni e tipologie, a dimostrare che anche una sala conferenze può essere flessibile e dinamica, per ospitare diverse tipologie di incontri, ma anche per ospitarci e avvolgerci come un nido per godere un momento di relax.
Un altro divano Undecided ospiterà invece terapeuti e progettisti all’interno del progetto “Com’è la mia casa?”, curato da Lab.I.R.Int, Polimi e Genera Onlus, per analizzare la percezione della casa da parte dei malati di Alzheimer.
L’allestimento di Presso riproduce in scala ridotta i suoi reali “spazi espositivi”, non showroom classici, ma spazi progettati e arredati con il calore di una casa vera che si possono affittare a ore per lavorare, per organizzare una cena con gli amici se la nostra casa è troppo piccola o per vedere un film in privato nell’home theatre. Un servizio per liberarsi dagli aspetti noiosi (organizzazione, pulizie, riordino) e godere solo il piacere dello stare insieme “a casa”, realizzato con il contributo di aziende partner tra le più qualificate (tra le quali BTicino, Coelux e Cucina Barilla).
Lago, che ha coniato il motto “ Non è importante l’oggetto, ma la vita che si crea intorno ad esso” insieme a Impact Hub, affronta le domanda “Può l’ufficio essere una casa?” e crea uno spazio coworking dove il design esprime il suo potenziale di strumento di trasformazione e asseconda nuovi modi di vivere e lavorare tra convivialità e reciproco scambio di idee: “Where Ideas have Sex”, perché solo dall’unione di idee diverse possono nascere l’innovazione e l’evoluzione.
Nota
In questa mostra che richiede tempo e attenzione, le scelta dei progetti che qui vengono descritti tra tutti quelli esposti è riduttiva e limitata a quello che siamo riusciti a farci raccontare durante l’anteprima riservata alla stampa. Solo un assaggio, per invogliare a vivere questo viaggio nell’abitare e a interagire con visioni diverse dalle nostre.
Testo di Renata Sias