Perché il potere fonoisolante di una parete divisoria, dichiarato dal venditore e certificato, è sempre inferiore all’isolamento acustico effettivo della parete messa in opera?
Per trovare una risposta ci siamo rivolti a Ezio Rendina, ingegnere che opera da 30 anni nel campo dell’acustica e delle vibrazioni, fondatore di VIVA Consulting, società abilitata alla certificazione acustica degli immobili.
Spesso, parlando con i manager dopo il trasferimento in nuovi uffici, ho riscontrato una sorta di delusione riguardo ai livelli di isolamento acustico delle pareti divisorie.
Più o meno il tono della conversazione è di questo tipo: “Abbiamo inserito nelle specifiche di capitolato un isolamento minimo tra stanza e stanza di 40 dB.
Il progettista ha previsto pareti divisorie con potere fonoisolante (Rw) > 40 dB, eppure mi rendo conto che in ufficio i valori di isolamento acustico reali sono molto più bassi. Come mai?”
Dando per scontate la serietà delle aziende fornitrici e la professionalità degli architetti, quali possono essere le cause di questo gap tra le performance dichiarate e quelle reali?
“La prima cosa che penso, in questi casi – risponde Ezio Rendina- è che evidentemente il progetto acustico è stato eseguito dal fornitore dei materiali. Mi duole dirlo, ma forse da parte del progettista c’è stata un po’ di leggerezza affidandosi non a uno specialista, ma a chi vende materiali per l’acustica.”
A parte l’amarezza e questa considerazione iniziale, ci può fare chiarezza e spiegarci in modo semplice, ma da ingegnere acustico, quali possono essere le cause?
“In primis sarebbe meglio se i valori di Rw (potere fonoisolante) fossero certificati da un laboratorio accreditato e non solo garantiti dal fornitore.
Inoltre, continua Rendina, questi valori indicano la prestazione “pura” di potere fonoisolante che quella parete ha fornito in laboratorio, ma non quelli reali della parete posta in opera”.
Per quale motivo i valori tra le prove di laboratorio e la realtà non coincidono?
“Quando la parete viene posta in opera accadono tre cose, spiega l’ing Rendina:
1)La parete certificata in laboratorio è dimensionalmente diversa, pur avendo la medesima stratigrafia della parete posata in opera.
I laboratori, infatti, seguendo gli standard ISO di certificazione, devono testare pareti di ridotte dimensioni. Va da sé che una parete più grossa risponde in modo diverso rispetto ad una più piccola.
2) Quando la parete è posta in opera, si ottiene il potere fonoisolante apparente (R’w) che evidentemente sconta eventuali aggiramenti che l’energia sonora può fare quali, ad esempio, il rumore che si insinua per i canali d’aria, per le porte del corridoio o che mette in comunicazione i due vani separati dalla parete stessa, ecc.
Va da sé, quindi, che R’w<Rw, sempre e in ogni caso.
Di quanti dB? Dipende dalla cura dell’ingegnere acustico nel suo progetto e dalla cura nella sua messa in opera.
3) In realtà, noi, con le nostre orecchie, percepiamo però la differenza di rumore tra le due stanze; ovvero l’isolamento acustico (D) che, è piuttosto complesso da illustrare e motivare, è quasi sempre inferiore a R’w.”
Il tema è certamente complesso e non sintetizzabile senza rischio di banalizzazioni, ma l’in g. Rendina è disponibile per approfondimenti.