
La riflessione sull’evoluzione dell’Interior Design è il tema che, all’interno della XXI Triennale, ha affrontato FederlegnoArredo -uno tra i primi aderenti alla manifestazione- con la grande mostra “Stanze. Altre filosofie dell’abitare”. L’intento è quello di valorizzare questo ramo della progettazione che nel ‘900 ha prodotto piccoli gioielli di colte architetture in scala ridotta. Oggi 11 progettisti si confrontano con l’Interior Design del XXI secolo sotto la guida del bravo Beppe Finessi.
La prima tra le mostre che si incontrano al piano terra del Palazzo della Triennale è proprio “Stanze. Altre filosofie dell’abitare”. Una raccolta foto storiche illustra noti capolavori di interiors dei grandi Maestri del ‘900, mentre si entra nel contemporaneo con le ricostruzioni in scala 1:1 delle “Stanze” ideate per questa mostra da 11 progettisti. Ognuno di loro esprime la propria “filosofia dell’abitare” con abbinamenti -forse talvolta un po’ labili- a testi filosofici o letterari individuati dal filosofo Francesco M. Cataluccio.
Progettare la propria Stanza significa chiamare in causa emozioni e sentimenti, andare alla ricerca di forme archetipe e metafore, trovare simboli nella propria esperienza personale e nella propria memoria.
Apre il percorso “La petite chambre” di Umberto Riva, un essenziale e raffinato rifugio in legno di betulla, ispirato al Cabanon di Le Corbusier; un poetico existenz minimum con arredi su misura che scandiscono la diagonali dello spazio.
Un altro Maestro, Alessandro Mendini, ripensa con ironia al suo passato fascino per le superfici decorate e ora “condannato all’ergastolo per reato di ornamento” progetta “Le mie prigioni” un cubo cieco reso ancora più claustrofobico da un decoro optical bianco e nero su tutte le superfici.
“L’assenza della Presenza” di Marta Laudani e Marco Romanelli, propone un nuovo modello abitativo inteso come palcoscenico e basato sull’assenza: spazio vuoto da percorrere contemplando opere d’arte.
Fabio Novembre, per non smentirsi, porta il mood della discoteca anche nella sua “Intro” davvero kitsch: una sfera metallica con vestali d’oro all’ingresso, rivestita all’interno in pelle rossa e ripugnante orecchio gigante in bassorilievo.
Trae in inganno il romantico titolo “La vie en rose”, di Lazzarini Pickering Architetti, dove gli elementi di colore rosso- in tutte le sue gradazioni- definiscono le potenzialità tecniche, estetiche e etiche delle nuove tecnologie del fotovoltaico organico e invitano all’autosufficienza energetica.
La lieve installazione “Risonanze” di Andrea Anastasio dà forma a un insieme di polarità e gli arredi, disposti ortogonalmente, sono “tagliati da una tenda semitrasparente con valore simbolico che tuttavia non ne preclude la funzionalità.
IOT è alla base di “Lift -Bit” di Carlo Ratti, un sistema di arredo connesso in rete (non il primo, in verità): sgabelli esagonali modulari dotati di attuatori lineare, possono essere alzati e abbassati a piacere riconfigurando lo spazio in un numero potenzialmente infinito di combinazioni.
“Ursus ” di Duilio Forte è una rustica tana in legno grezzo dalla forma animalesca.
L’architettura “D1” di Francesco Librizzi, è astratta filiforme, eterea; esili colonne delineano la soglia virtuale tra interno ed esterno.
“In prospettiva” di Elisabetta Terragni è un microcosmo dove gli spazi si deformano prospetticamente creando una diversa percezione.
“Circolare, circolare”di Manolo De Giorgi è un ambiente liquido che parte dal disegno planimetrico e traccia percorsi circolari.
11 cellule abitative alla ricerca della “stanza primaria” identificata da Rykwert nel suo saggio “La casa di Adamo in Paradiso”.
Stanze come “Camere del cuore” per dirla con Dante.