
Una sintesi dei dati più significativi della ricerca svolta da Sedus e IFMA e dei concetti emersi nei tre workshop al Teatro Parenti. Il workshop dimostra che non esiste una formula unica valida per gli arredi dello Smart Working.
Dalla ricerca presentata da Maria Antonietta Lisena, emergono alcuni elementi interessanti:
Le aree considerate di importanza strategica e quindi da introdurre in azienda nell’implementazione dello Smart Working sono principalmente ambienti riservati per piccoli gruppi o per lavorare concentrati:
Focus Room 43% seguite a distanza dalle Project Area (15%) dalle Meeting Room chiuse o semi-chiuse (14%) e dalle aree per Informal Meeting (11%).
Le caratteristiche fondamentali per le aree dello Smart Working sono:
Dotazione Tecnologica (29%) e la prossimità alla postazione di lavoro (28%) seguite da “Piacevolezza e Funzionalità (21%) e dal Comfort Acustico (17%), stranamente, poca importanza è data invece all’Illuminazione Naturale (4%).
Sulle caratteristiche che gli arredi debbano avere per soddisfare le esigenze dello Smart Working, i pareri concordano su:
Flessibilità e Riconfigurabilità (42%), Comfort/Ergonomia (32%) e, sorpresa, solo il 4% dei Facility Managers considera il costo determinante! Saranno d’accordo su questo aspetto i Responsabili Acquisti?
Illuminanti anche i concetti emersi nel corso dei tre workshop che, coinvolgendo i Facility Manager presenti, avevano lo scopo di fotografare il livello di soddisfazione e individuare come poter migliorare.
Le percentuali, illustrate da Alessandro Adamo di DEGW (vedi anche l’articolo Smart Working: spazio, persone tecnologia), relative alla presenza media in ufficio (50%) di cui il 25% all’interno di sale riunioni, conferma l’importanza degli spazi collettivi, ma anche di tutti quegli accessori, per esempio i dockers, che permettono alle persone di avere sempre vicini i propri oggetti personali.
Le aree più richieste sono:
le aree per riunioni informali, quelle che hanno il potere di “cambiare l’umore delle persone”; le aree break intese come “luoghi dove svolgere attività” ma anche “Piazza” dove fare incontri e scambi, anche con il top management; le project area, sale per 4/6 persone dedicate ad attività temporanee. Oltre agli spazi individuali riservati, per esempio phone booths.
Che caratteristiche devono avere queste aree?
Lo ha illustrato Stefano Anfossi di Studio Pierandrei. Le Informal Meeting devono essere diffuse, illuminate naturalmente, trasparenti, non solo vetrate , ma anche con screen regolabili.
Le Project Area devono essere baricentriche all’edificio, stimolare la creatività e la possibilità di esprimersi liberamente.
Gli spazi per Office and Meeting devono avere caratteristiche sempre diverse tra loro lasciando alle persone la possibilità di libertà di scegliere e di interpretare lo spazio; devono permettere di isolarsi ma anche di vedere che cosa succede intorno.
Le Focus Area devono rispondere all’esigenza di stare ogni tanto da soli per concentrarsi, non necessariamente chiuse, ma prendendo come modello la biblioteca dove si può stare in silenzio e isolati anche in mezzo agli altri.
E’ sempre più sentita, infine la necessità di Caffetterie, definita da alcuni il vero fulcro dello Smart Working, da utilizzare per attività temporanee.
Sulle caratteristiche che devono avere gli arredi per l’allestimento di queste aree, sintetizzate da Renata Sias di WOW!, il quadro è molto diversificato.
Ogni azienda attraverso gli arredi deve poter esprimere la propria identità, ma anche soddisfare le esigenze degli smart workers. Massima flessibilità, polifunzionalità, riconfigurabilità e leggerezza (in senso fisico e anche estetico), uniti a una varietà di tipologie che possa di volta in volta rispondere a richieste diverse.
Personalizzazione massima è il must: non solo regolazione della sedia, ma anche dell’altezza scrivanie e dell’illuminazione.
Sentita l’integrazione con le tecnologie negli arredi: per esempio un unico badge che apre anche cassettiere e dockers, uso di cuffie acustiche, prenotazioni delle sale riunioni con touch screen, piani di lavoro che ricaricano i vari device.
Grandi piani bench con poche gambe per ottimizzare lo spazio, perché flessibilità significa soprattutto spostare le persone e non gli arredi. Dando per scontato la digitalizzazione dell’archivio, perché “è impossibile fare smart working se devi trasportare faldoni di carte!”.