Quanto è biofilico il vostro ambiente di lavoro?
Il Biophilic Quality Index, sviluppato dai ricercatori italiani Rita Berto e Giuseppe Barbiero e pensato per progettisti e architetti, offre uno strumento quantitativo per combattere il “nature deficit design disorder” che caratterizza molti ambienti indoor.
L’obiettivo è rendere “ristorativo” l’edificio e ricreare la sostenibilità cognitiva della natura.
La parola d’ordine: passare dal green design al restorative design.
Il verde in ufficio è molto di più che un semplice fattore estetico. Un giardino esotico esterno o un giardino verticale su qualche parete però non bastano per fare un design biofilico.
Anche il progetto degli edifici nZE (a impatto quasi zero), concentrato principalmente su processi e materiali eco-compatibili, tende spesso a trascurare l’importanza del valore rigenerativo dell’ambiente costruito.
Biofilia, infatti, significa prima di tutto ricreare quella sostenibilità cognitiva che solo il contatto con la natura riesce a farci provare.
I risultati delle ricerche in campo di psicologia ambientale ed ecologia hanno messo in luce come sia necessario passare da un approccio di design green ad un design ristorativo.
Cioè un design cognitivamente sostenibile, in grado di colmare la distanza tra gli esseri umani contemporanei e la natura che permetta all’individuo di rilassarsi, liberare la mente da emozioni negative e vivere un’esperienza di bellezza e di libertà.
Per essere rigenerativo, un ambiente confinato deve ricreare le caratteristiche principali che rendono l’ambiente naturale più adatto all’uomo, ovvero:
- leggibilità (facilità di carpire informazioni dall’ambiente circostante)
- mistero (preferenza per un ambiente dove si possono imparare sempre nuove informazioni)
- rifugio (un ambiente che trasmetta sicurezza)
- presenza di pattern preferiti dall’uomo (forme curvilinee, gradazione continua di tinte e colori e rispetto del ciclo diurno della luminosità).
- il senso di here-ness (essere tutt’uno con il luogo) e there-ness (stabilire un legame forte con il luogo che presenta caratteristiche significative per la persona)
Partendo da queste considerazioni, Rita Berto, psicologa ambientale del laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta, e Giuseppe Barbiero, biologo della stessa Università e dell’Interdisciplinary Research Institute on Sustainability dell’Università di Torino, hanno sviluppato il Biophilic Quality Index.
Biophilic Quality Index: uno strumento quantitativo.
Il Biophilic Quality Index è uno strumento quantitativo, pensato per progettisti e architetti, in grado di fornire delle basi di comparazione tra edifici con differenti livelli di ristoro cognitivo percepito. Uno strumento, secondo l’idea dei due ricercatori, che possa rendere più completa l’analisi basata su indici già di largo utilizzo come le certificazioni qualitative WELL e LBC.
Le cinque sezioni del Biophilic Quality Index.
Composto da 5 differenti sezioni con una lista di caratteristiche ambientali la cui presenza/assenza deve essere valutata al fine di poter etichettare un edificio come “biofilico”, il BQI fornisce un risultato in valore percentuale allo scopo di fornire indicazioni per migliorarsi.
Qui di seguito le cinque sezioni:
- Sezione 1: L’edificio nel paesaggio urbano (6 sotto-sezioni)
- Sezione 2: I singoli spazi all’interno dell’edificio (8 sotto-sezioni)
- Sezione 3A: Opportunità di contatto visivo con la natura (3 sotto-sezioni)
- Sezione 3B: Se è presente un giardino/un terrazzo/uno scoperto (3 sotto-sezioni)
- Sezione 4: Contatto non visivo con la Natura (1 sotto-sezione: “forme e strutture biomorfiche e materiali naturali”)
- Sezione 5: Sostenibilità (2 sotto-sezioni)
Il paper tecnico in inglese è disponibile cliccando qui.
Testo di Gabriele Masi.
Nelle immagini realizzazioni di HW Style