Prosegue la rubrica di Adriano Solidoro, docente di Information Systems for Knowledge Management, dedicata al design del Digital Workplace, entità non semplice da capire e implementare poiché comprende sia l’ambiente fisico che quello digitale.
Dopo il primo articolo che analizza le definizioni e i criteri base del DWP, questo secondo contributo approfondisce gli aspetti legati al management, alla cultura organizzativa e alla visione olistica e human centered.
L’aspetto della cultura organizzativa è preponderante nell’articolo pubblicato da Harvard Business Review, How to create a digital workplace (2016), in cui Paul Miller, fondatore e CEO del Digital Workplace Group (partnership di aziende di consulenza, aziende private e istituti pubblici per il design degli ambienti di lavoro) definisce il DWP per mezzo di tre caratteristiche principali:
1) il DWP non è un luogo, in quanto l’attività lavorativa si può svolgere in luoghi, ambienti e momenti diversi ogni giorno;
2) l’ambiente di lavoro è dunque digitale, non fisico;
3) la produttività è misurata sulla base degli obiettivi raggiunti non sulla presenza sul luogo di lavoro, e dunque richiede una cultura e un management results-based anziché process-based.
Nel manuale, Digital Workplace Strategy & Design: A step-by-step guide to an empowering employee experience, Berg e Gustafsson definiscono il DWP come un ambiente da progettare con un approccio olistico e mirato che metta al centro l’utente.
Anche loro sostengono la necessità di non concentrarsi eccessivamente sulla tecnologia, ma che, al contrario, sia imprescindibile l’analisi e la comprensione del l’intero ambiente di lavoro dal punto di vista della persona, al fine di progettare il Workplace in maniera tale che l’ambiente possa risultare stimolante: ciò richiede una strategia organizzativa comune nella definizione degli spazi, oltre che coordinamento e controllo.
Altro contributo interessante è quello di Susan P. Williams e Petra Schubert dell’Università di Koblenz-Landau (in Germania), le quali, nell’articolo Designs for the Digital Workplace, prendono in esame le definizioni di Digital Workplace maggiormente utilizzare da professionisti e studiosi.
L’analisi ha portato ad evidenziare quindici caratteristiche comuni del DWP, raggruppate in tre categorie (vedi tabella):
1) la strategia organizzativa e il design;
2) le persone e il lavoro;
3) la piattaforma tecnologica.
Nella prima categoria, il DWP è visto come una strategia organizzativa coordinata, pianificata e orientata al futuro.
La si definisce una strategia coordinata in quanto deve essere pianificata e progettata in coerenza con le altre strategie di gestione aziendale e le più importanti regolamentazioni, come ad esempio le leggi a tutela dei dipendenti e dell’archiviazione di dati e informazioni.
Deve essere progettata in maniera tale che fornisca sia il giusto comfort, sia le condizioni per consentire lo sviluppo della piattaforma tecnologica al fine di supportare il lavoro collaborativo e flessibile.
Il DWP si trova dunque all’intersezione tra la le persone, l’organizzazione e la tecnologia, ed è duttile e capace di adattarsi ai nuovi requisiti e alle nuove tecnologie future dell’organizzazione.
Ciò che viene evidenziato dal passare in rassegna i tentativi di definizione, è che il concetto di Digital Workplace sia ancora troppo in evoluzione per poter essere definito in maniera precisa e definitiva.
L’ambiente di lavoro digitale è un’entità non semplice da racchiudere in quanto viene comprende sia l’ambiente fisico che quello digitale, con tutte le opportunità ma anche le criticità che ciò comporta.
Nel prossimo articolo, analizzeremo quali approcci, strategie e metodologie di design siano più adatte per far sì che il Workplace per le organizzazioni nell’era digitale risponda ai requisiti necessari e apporti valore all’azienda e all’esperienza quotidiana delle persone.
Testo di Adriano Solidoro, Università degli Studi di Milano-Bicocca, docente di Information Systems for Knowledge Management