
Chi non ha mai avuto la curiosità di entrare nella casa di un famoso architetto? Di vedere se il suo spazio di vita corrisponde all’immagine pubblica, se il luogo della sua intimità ha tratti comuni con i progetti che l’archistar realizza per i sui committenti? Il Salone del Mobile 2014 ci regala questa occasione un po’ “voyeuristica” con l’installazione “Dove vivono gli architetti”.
Piccoli dettagli di domesticità possono raccontare tanto sui modi di essere, di vivere e di concepire l’architettura. “Obiettivo della mostra è conoscere da vicino coloro che stanno cambiando il volto delle nostre città, la configurazione del paesaggio globale e l’immaginario collettivo, e suggerire nuovi modi di progettare gli ambienti domestici a tutte le latitudini” spiega il presidente di Cosmit, Claudio Luti.
Ecco perchè il Salone racconta le “stanze private” degli archistar e il tema della casa degli architetti, può diventare l’avvio di una riflessione trasversale sulle modalità, le esperienze e le tendenze dell’abitare contemporaneo. La curatrice della mostra, Francesca Molteni è stata accolta nelle abitazioni private degli otto grandi architetti contemporanei per filmare gli esterni e gli ambienti, intervistare ciascuno di loro sulla poetica, l’ispirazione e le scelte che hanno guidato il loro percorso progettuale e professionale. Con Davide Pizzigoni, architetto e scenografo, che da anni prosegue le sue ricerche sullo spazio della rappresentazione e collabora con i principali teatri d’opera internazionali, ha ideato un progetto per raccontare le abitazioni di Shigeru Ban, Mario Bellini, David Chipperfield, Massimiliano e Doriana Fuksas, Zaha Hadid, Marcio Kogan, Daniel Libeskind e Bijoy Jain/Studio Mumbai attraverso video, immagini, suoni, testimonianze e ricostruzioni dal vivo. Il risultato è uno spazio espositivo interattivo attraverso il quale scoprire la cultura dell’abitare, le scelte e le ossessioni degli architetti.
Titolo: Dove vivono gli architetti.
Dove: Fiera Milano/Rho, padiglione 9
Quando: 8/13 Aprile 2014.
Didascalie
1,2 Shigeru Ban.
Si chiama Hanegi Forest, è un’architettura tra gli alberi, progettata nel 1997 da Shigeru Ban. La sfida? Non abbattere neanche un albero, di quella foresta, e costruirci la casa intorno. In questo edificio, che riposa immobile in un tranquillo quartiere di Tokyo, c’è la casa di Shigeru Ban. Un tavolo rotondo, una sedia di Terragni, un volto greco e tanta luce.
Non c’è nient’altro, una stanza da monaco zen.
3, Mario Bellini.
Mario Bellini ama la cultura urbana di Milano, la città. La sua casa, in un edificio dell’’800 rivisitato da Piero Portaluppi, è disegnata intorno a una grande libreria-scala, alta 9 metri, che l’attraversa e la percorre come un cannocchiale. Tra libri, opere d’arte e oggetti, ricorda lo studio di San Girolamo di Antonello da Messina. In attesa di disegnare un cubo bianco, come nuova casa. Così sogna l’architetto.
4,David Chipperfield.
Prima lo studio, poi la casa. David Chipperfield ha scelto Berlino, dopo che la città lo ha chiamato per ricostruire, nel 1997, il Neues Museum. Il quartiere è lo stesso, il Mitte. Nel cortile, dove ha casa e studio, Chipperfield ha progettato anche una caffetteria, ritrovo per gli abitanti del quartiere. La casa è in cemento, con grandi finestre che si affacciano sulla strada e sulla corte. Pochi arredi italiani degli anni ’50 e ’60, e due colori. Il verde di un divano di velluto e l’arancione di una libreria che divide lo spazio tra cucina e soggiorno.
5,Doriana e Massimiliano Fuksas.
Un tavolo, una finestra, una piazza reale, statue e cavalli. A Parigi, Place des Vosges, a casa di Doriana e Massimiliano Fuksas. Arredi originali, firmati Jean Prouvé, e tante opere d’arte, da Fontana a Paladino. In piedi, sulla soglia, antichi guerrieri sorvegliano la casa e la proteggono, come custodi che attendono il ritorno degli architetti viaggiatori.
6, Zaha Hadid.
Zaha si definisce una zingara, senza fissa dimora. I ricordi tornano alla casa d’origine di Baghdad, ma oggi ha scelto un open space a Londra, candido come il suo sorriso. La luce filtra dal lucernario e inonda lo spazio, anche in una giornata piovosa. Alle pareti, i primi disegni dell’architetto, ispirati a El Lissitzky, il rivoluzionario artista russo. E poi tanti ritratti, mobili e oggetti, forme che disegnano il vuoto, per definire una nuova avanguardia.
7, Marcio Kogan.
Ci sono gli spazi lucenti e liberi del Brasile, nella casa di Marcio Kogan, proiettata verso il cielo. L’edificio è un suo progetto, il primo concorso vinto nel 1980, il piano è il 12°. Una finestra ritaglia la veduta sulla città, come un grande schermo panoramico, per un architetto che sognava il cinema. E ovunque opere, autografi, ninnoli, ricordi di viaggio. Di ognuno Kogan si ricorda la storia e come è arrivato fin qui. Un’ossessione per la memoria.
8, Daniel Libeskind.
Dopo tanto girovagare, dalla Polonia a Tel Aviv, dal Bronx a Berlino, passando per Milano e Detroit, Daniel Libeskind ha scelto New York. Tribeca è a due passi da Ground Zero. La casa è un rifugio. Libri, libri e ancora libri. Pennelli per disegnare nuovi mondi. E un tavolo, con le gambe rosse e il piano di granito, costruito quando non c’era tanta storia da portarsi dietro, che ha seguito la famiglia nel lungo viaggio fino a Manhattan.
9, Bijoy Jain /Studio Mumbai.
Un villaggio, una comunità, dove Bijoy Jain vive e lavora con 60 artigiani. È Studio Mumbai. La sua casa è la casa di tutti, immersa nella natura indiana di Alibag, a 30 km dal centro di Mumbai. Una grande piscina tra alberi secolari e tanti cani. Nella reading room, disegnata da Bijoy per catturare luci e ombre del giorno, l’atmosfera di un luogo dove meditare.