La 15a Biennale Architettura di Venezia, curata da Alejandro Aravena vuole offrire una diversa prospettiva di fronte alle complesse sfide dell’architettura contemporanea. Reporting From The Front scruterà l’orizzonte mostrando le periferie, il traffico, le disuguaglianze, l’inquinamento; ci spiegherà che l’architettura è un mezzo per migliorare la qualità di vita delle persone attraverso esempi dove la creatività si sposa con il buon senso, il pragmatismo con l’etica, il coraggio con l’appartenenza.
Alejandro Aravena cita un aneddoto della vita di Bruce Chatwin per spiegare l’obiettivo prinicipale della 15a Mostra Internazionale di Architettura che si svolgerà a Venezia dal 28 maggio al 27 novembre 2016: assumere un nuovo punto di vista.
Così racconta Aravena “Durante un viaggio nell’America del Sud, Chatwin incontrò nel deserto una signora anziana chea scrutava l’orizzonte dall’alto di una scala di alluminio. Era l’archeologa tedesca Maria Reiche intenta nello studio delle linee Nazca. Viste in piedi sul terreno, le pietre non avevano alcun senso. Ma dall’alto della scala, le stesse pietre formavano un uccello, un giaguaro, un albero o un fiore”.
Su questa metafora riflette Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia; il punto di vista altro di Reporting From The Front mostrerà “un suolo desolato fatto di immense zone abitate dall’uomo delle quali l’uomo non può certo andare orgoglioso, realizzazioni molto deludenti che rappresentano un triste infinito numero di occasioni mancate per l’intelligenza e l’azione della civiltà umana. Molte realtà tragiche, altre banali che sembrano segnare la scomparsa dell’architettura. Ma vede anche segni di capacità creativa e risultati che inducono a speranza, e li vede nel presente, non nell’incerto futuro delle speranze e dell’ideologia.”
Contrariamente alle prime impressioni ci sono quindi segni di ottimismo.
“Sentiamo il bisogno di evidenziare come, nei casi di esito positivo, si sono evolute le catene delle decisioni che legano bisogno, consapevolezza, opportunità, scelte, realizzazioni, in modo da condurre a un risultato dove l’architettura fa la differenza” dichiara Aravena.
Continua Baratta “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini. L’architettura in azione come strumento della vita sociale e politica, dove ci si chiede di coniugare a un più alto livello l’agire privato e le pubbliche conseguenze.”
“Se l’Architettura è la più politica delle arti – conclude il Presidente Baratta – la Biennale di Architettura non può che riconoscerlo. Dobbiamo parlare al pubblico, a tutti i possibili agenti responsabili delle decisioni e delle azioni con le quali si realizza lo spazio del nostro vivere singolarmente e come comunità.”