
Davvero interessante, multisensoriale –anche se il termine è abusato- e fuori dal comune la mostra allestita nella sede veneziana di Fondazione Prada curata da Germano Celant (fino al 3 novembre). Il titolo Art or Sound esprime il confronto tra due ambiti indipendenti e lo spettatore è stimolato – anche da performance live- a identificare trame e percorsi attraverso i quali arte e suono hanno intrapreso un itinerario comune.
Oltre 180 opere e oggetti, tra automi e macchine musicali, dipinti e partiture, sculture e readymade, strumenti musicali decorati, assemblati, immaginari e silenziosi. Per la prima volta sono utilizzati il portego e le stanze laterali del secondo piano nobile: 800 m2 restaurati nel quadro del programma di recupero architettonico intrapreso nel 2011 dalla Fondazione Prada.
Art or Sound affronta le problematiche, scaturite dal Cinquecento a oggi, relative al rapporto tra arte e suono, agli aspetti iconici degli strumenti musicali, nonché al ruolo dell’artista musicista e agli ambiti in cui arti visive e musica si sono incontrate. La mostra vuole indagare la relazione di simmetria e ambivalenza che esiste tra opera d’arte e oggetto sonoro. L’intento è di proporre una rilettura dello strumento musicale che diventa entità plastico-visiva e del manufatto artistico che produce suono, in una continua invasione e inversione di campo.
Cercando di documentare questo passaggio tra ascoltare e vedere e viceversa, il percorso storico prende il via con i dipinti a soggetto musicale realizzati da Bartolomeo Veneto e Nicola Giolfino tra il 1520 e il 1530 e una serie di strumenti musicali del secolo successivo che, pur riproducendo i suoni in maniera tradizionale, sono caratterizzati da un elemento estetico e visivo che si traduce in una plasticità sorprendente. Si va, ad esempio, dalle chitarre e violini in marmo intarsiato di Michele Antonio Grandi e Giovanni Battista Cassarini, a un cornetto a forma di serpente e testa di dragone del Seicento, oggetto unico per l’originalità del suo aspetto esteriore e la qualità della lavorazione, nonché per i risultati sonori. A seguire, l’esposizione riunisce una serie di automi musicali settecenteschi, come i preziosi orologi a forma di gabbietta dello svizzero Pierre Jaquet-Droz, già famoso all’epoca in tutta Europa per il grado di eccellenza raggiunto nella costruzione di meccanismi musicali. Prosegue con strumenti automatici dell’Ottocento come il pirofono, lo strumento a gas inventato nel 1870 da Frédéric Kastner che, se suonato, produce segnali luminosi. Sono presentate anche le ricerche nel campo della sinestesia e le sperimentazioni che, dal Futurismo al Dadaismo, hanno comportato l’integrazione e l’assunzione in musica di rumori, come i celebri intonarumori (1913) di Luigi Russolo, o di suoni vernacolari come il Ciac Ciac (1914) di Giacomo Balla, mentre in With Hidden Noise (À bruit secret) (1916) Marcel Duchamp esplora per la prima volta la dimensione del silenzio nell’arte.
Un particolare rilievo è dato alle partiture originali della fine degli anni Cinquanta elaborate da John Cage, compositore d’avanguardia e figura di riferimento per il movimento Fluxus – rappresentato in mostra dalle opere di George Maciunas e Joe Jones – e per tutti gli artisti che hanno esplorato il principio d’indeterminazione e casualità nella musica e nell’arte contemporanea. Sul piano dell’oggetto che comunica in maniera tautologica il suono prodotto in fase di costruzione o in grado di esprimersi autonomamente una volta acceso, vengono esposte le scatole di Robert Morris, Nam June Paik e Bruce Nauman, oppure sculture cinetiche realizzate da artisti come Stephan von Huene e Takis. Le opere dei Nouveaux Réalistes, come Arman e Jean Tinguely, documentano attraverso strumenti o dispositivi musicali fenomeni di distruzione e assemblaggio fortuito, mentre Oracle (1962-65) dell’artista americano Robert Rauschenberg, nel seguire gli stessi principi, si presenta come un environment sonoro costruito con oggetti di recupero e materiali d’uso comune.
In mostra sono presenti anche esempi di appropriazione iconica e formale dello strumento musicale.
Il progetto di allestimento di “Art or Sound”, ideato dallo studio 2×4 di Michael Rock, richiama uno spartito, dove la struttura lineare crea la planimetria e la disposizione ambientale dei supporti, mentre i singoli elementi della scrittura musicale sono sostituiti dagli oggetti e dagli strumenti in mostra. Un materiale fonoassorbente ricopre piedistalli e pavimenti dei due piani di Ca’ Corner e attenua la diffusione allargata dei suoni così da consentirne la percezione relativa ad ogni singola opera.
Testo di Gabriele Masi.
Didascalie
1,2, Artworks by Edward Kienholz, Milan Knížák, Tom Wesselmann and Stephan von Heune. Photo: Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada.
3, Hybrid Instruments, 1978-2002 by Ken Butler and Walter Marchetti. Musica da camera n° 211, 1991. Photo: Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada.
4, 5, Installation View of “Art or Sound”. Fondazione Prada. Photo: Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada.
Titolo mostra: “Art or Sound”
Dove: Ca’ Corner della Regina, Venezia -Calle de Ca’ Corner, Santa Croce 2215 – 30135 Venezia (Fermate Vaporetto Linea 1: San Stae e Rialto Mercato)
Quando: 7 giugno – 3 novembre 2014; dalle 10.00 alle 18.00 (chiusura: martedì).