La vostra dieta di luce è equilibrata e sufficiente? È una domanda che può apparire curiosa, ma nasconde un tema spesso poco affrontato quando si parla di benessere lavorativo nel contesto dei ways of working post corona virus: il collegamento tra illuminazione e la nostra naturale biofilia anche nel contesto dell’home working. Ne hanno parlato Oliver Heath, esperto in architettura e design sostenibile, e Wouter Boxhoorn, Business development manager di Signify, nel webinar “How to Create Healthy Office Spaces Post covid-19” organizzato dalla Worktech Academy, che abbiamo inserito nella nostra rubrica WOWbinar.
Tra i diversi temi legati alla biofilia che sono emersi dal webinar, quello del pericolo di aver dimenticato la relazione tra luce, illuminazione e benessere nei ways of working post corona virus è in grado di fornire un interessante interrogativo.
D’altra parte i due relatori, moderati dal direttore della Worktech Academy Jeremy Myerson, erano due esperti in materia: Oliver Heath, che ha appena pubblicato insieme ad Interface una serie di guide al design per la creazione di spazi positivi per il lavoro , mentre Wouter Boxhoorn ha presentato NatureConnet, il sistema di illuminazione di Signify, in grado di creare le migliori condizioni di illuminazione per le diverse attività che si svolgono in ufficio, favorendo il ritmo circadiano.
Ed è proprio dalla riflessione di come la luce sia in grado di influenzare il nostro ritmo circadiano che i due esperti hanno sviluppato il tema della scarsa attenzione che spesso si pone al tema dell’illuminazione, soprattutto nel contesto del lavoro da casa. Se infatti nell’ufficio pre-pandemia l’illuminazione costituiva uno dei campi più produttivi e su cui si faceva più attenzione nel design dell’ufficio, nell’home working questa attenzione rischia di venire meno.
Da qui la domanda: siamo in grado di seguire una dieta di luce equilibrata e sufficiente a garantire il nostro benessere e un sano svolgimento del nostro ritmo circadiano?
Il tema della luce si collega al tema della nostra natura biofilica: un’illuminazione corretta e naturale (o riprodotta tecnologicamente nel modo più simile possibile alla luce naturale), come spiega Boxhoorn, non dà solo una migliore esperienza visiva, ma anche una migliore esperienza biologica, nel senso che “funzioniamo meglio come corpo”, ed una migliore esperienza emozionale, nel senso che ci fa “sentire meglio”.
Eppure, nell’ondata di lavoro che travolge spesso le nostre giornate casalinghe, rischiamo di mandare letteralmente in tilt il nostro corpo, generando un alto livello stress fisico e psicologico. Senza più la necessità di uscire di casa per andare in ufficio (cosa che ci permetteva momenti di esposizione alla luce naturale), davanti alla luce blu del monitor (che si è dimostrata capace di ingannare il nostro corpo, disturbando il ritmo circadiano) processi come la sintesi di melatonina e cortisone vengono influenzati, così come il nostro umore o il nostro funzionamento cognitivo che può calare dal 10 fino al 25%.
Cosa fare dunque? Ecco cinque consigli:
– Spostare la scrivania vicino ad una finestra, pulendo bene i vetri in modo da profondere il più possibile la luce naturale.
– Trovare almeno 30 minuti per uscire di casa durante il giorno e prendersi una “doccia di fotoni”. Questo semplice rimedio ha il potere di renderci più felici, ha un grande effetto ristoratore sul nostro corpo, riattivando anche l’esperienza sensoriale.
– Organizzare l’illuminazione della propria postazione di lavoro in modo da tenere ben illuminato non solo l’oggetto su cui lavoriamo, ma anche il campo attorno a lui, in modo da non affaticare la visione periferica.
– Utilizzare dispositivi che ci permettano di selezionare il tipo di luce adatta per l’attività che si sta svolgendo: ad esempio, per un’attività che richiede concentrazione e svolta verso l’orario serale una luce calda e più soffusa è ideale.
– Utilizzare al posto di una sveglia sonora, una sveglia a illuminazione, in grado di svegliare dolcemente attraverso una luce naturale che si schiarisce gradualmente.
Testo di Gabriele Masi.