
La mostra K è stata inaugurata alla Fondazione Prada di Milano solo qualche giorno prima delle misure di emergenza applicate per contrastare la diffusione del covid-19. Durerà fino al 27 luglio e speriamo si possa presto visitare nuovamente.
E’ ispirata da tre romanzi incompiuti di Kafka (America, Il Processo e Il Castello) che, secondo l’esecutore testamentario dello scrittore, costituiscono una “Trilogia della Solitudine”.
Anche la mostra è stata concepita da Udo Kittelmann come una trilogia e sembra avere presagito il senso di assoluta solitudine e impotenza che stiamo vivendo in questo periodo dominato dall’isolamento da corona virus.
Delle tre parti che la compongono, particolarmente coinvolgente è l’installazione di Martin Kippenberger: un enorme ufficio abbandonato, “l’utopia immaginaria del mondo del lavoro”.
(In questo periodo di emergenza sanitaria, la guida quotidiana #Innerviews sui canali social della Fondazione Prada sostituisce la visita fisica di questa e di tutte le altre mostre).
Il focus della mostra K -come la pala centrale del trittico di un altare- è rappresentato da “The Happy End of Franz Kafka’s Amerika”, l’installazione dell’artista tedesco Martin Kippenberger che reinterpreta una sequenza del libro in cui il protagonista, dopo aver viaggiato attraverso l’America, si propone per un’occupazione al “teatro più grande del mondo”.
In una sorta di campo di calcio è allestito un inquietante ufficio open space dove “entrano in gioco” in modo apparentemente caotico arredi iconici e scarti di rigattiere, pezzi di design e banchi di scuola sgangherati, poltrone vintage e oggetti sconclusionati provenienti da altre mostre dello stesso Kippenberger.
L’artista immagina che al suo interno si possano svolgere i colloqui collettivi inventati da Kafka e invita i visitatori a sedersi sulle gradinate per “immaginare le conversazioni che potrebbero svolgersi a quei tavoli”.
I design addict possono fantasticare sul tipo di persone che potrebbero incontrarsi per un colloquio sulle sedie Memphis di De Lucchi, su quale boss potrebbe sprofondarsi nella P40 Tecno di Borsani, cullarsi sulla sedia sospesa di Bonacina, “galleggiare” nella Blow Zanotta del trio De Pas/D’Urbino/Lomazzi o guardarci dall’alto in basso dietro alla mitica scrivania alta dell’Action Office 1 ideata da Robert Propst per Herman Miller.
Ci sono anche postazioni più surreali che sollevano curiosi interrogativi.
Quale meeting di lavoro potrebbe svolgersi su un’assurda “giostrina” con improbabili sedute che ruotano intorno a un uovo fritto? (altro che uffici Google style!)
Chi potrebbe osservarci dai perentori seggioloni da giudici di tennis, che rimandano al Controllo, ancora troppo spesso alla base di molti ambienti di lavoro.
La fantasia di chi osserva potrebbe spaziare per ore.
A noi professionisti del workplace però viene anche spontaneo immaginare tristemente la trasfigurazione dei nostri grandi uffici abbandonati dove, in questo momento, nessuna conversazione, nessun incontro può svolgersi.
L’ufficio è il core anche della seconda “pala” di questo trittico, ospitata nel cinema della Fondazione Prada, dove c’è la possibilità di godersi in lingua originale il film “Il Processo”, capolavoro di Orson Welles basato sull’omonimo romanzo di Franz Kafka: quasi un Manifesto dell’ufficio dell’era industriale.
Cosa proviamo oggi rivedendo gli angoscianti fotogrammi in bianco e nero di Anthony Perkins che fugge dall’anonimo allineamento di infinite scrivanie in un enorme open space? O del protagonista che si trascina carico di documenti all’interno di claustrofobici archivi?
L’atmosfera onirica, fil-rouge dell’intera mostra, pervade anche il terzo allestimento all’interno della Cisterna; un’evocativa installazione acustico/luminosa dove è possibile rilassarsi su accoglienti poltrone e ascoltare la musica elettronica dell’album “Franz Kafka The Castle” composto dai Tangerine Dream.
K è una mostra concepita per coinvolgere, per fare interagire emotivamente i visitatori che ci auguriamo possano presto tornare ad esserne parte attiva.
Testo di Renata Sias
Foto courtesy Fondazione Prada
NOTA della Fondazione Prada a seguito dell’emergenza sanitaria.
In risposta alla chiusura temporanea degli spazi espositivi, a causa dell’attuale emergenza sanitaria, Fondazione Prada intensifica e ripensa la propria presenza digitale.
Il sito web (fondazioneprada.org) e i canali social della fondazione (Instagram, Facebook, Twitter, Vimeo e Youtube) diventano un laboratorio di idee, una piattaforma agile in cui testare nuovi formati e codici che possono trovare un ulteriore sviluppo in futuro, oltre l’attuale emergenza.
In particolare “Inner Views” sostituisce la visita fisica delle tre mostre aperte recentemente, oltre a “K” anche “The Porcelain Room”, “Storytelling” e, con un’esperienza virtuale di apprendimento e conoscenza. Interviste, immagini, video inediti e focus sulle opere esposte avvicinano il pubblico ai contenuti dei tre progetti.