Non si tratta di un concetto innovativo, i primi esempi di temporary office sono nati negli Stati Uniti, generati dalla crisi del 1929, ma è reso quanto mai attuale dall’altrettanto drammatica crisi economica che ci sta affliggendo e spinge aziende e professionisti a ridimensionare gli spazi ufficio e a ridurre i costi di gestione. Nuove soluzioni di uffici pronti per l’uso -quando e dove si vuole- vengono incontro a queste esigenze: niente contratti di locazione a lungo termine, né costi di personale, né acquisto di attrezzature. Nei casi più estremi si può addirittura ricorrere all’ufficio virtuale o all’e-office, un modo poco costoso per avere un indirizzo in una posizione prestigiosa che si può ampliare con servizi aggiuntivi come l’hot-desking, sale riunioni a tempo, servizi amministrativi e organizzazione di eventi. Se a determinare l’esigenza di uno spazio attrezzato in affitto temporaneo è soprattutto la necessità di incontrare clienti o fornitori, effettuare selezioni personale o fornire servizi di consulenza, il Business Center è la formula ideale; permette di essere operativi anche in 24 ore con un’immagine di prestigio a costi limitati.
In altri casi l’ufficio temporaneo esprime il desiderio di entrare in una community, di condividere con altre persone non solo il tempo del lavoro, ma obiettivi, filosofie e visioni del mondo. Allora il coworking (termine coniato da Bernie DeKoven nel 1999) è il workstyle che meglio rappresenta l’idea di luogo di lavoro aperto all’ambiente alle sinergie alle contaminazioni con l’esterno e offre ai propri membri ad uno stimolo costante. Anche il primo coworking nasce negli Stati Uniti, in California nel 2005, quando il programmatore Brad Neuberg fonda Hat Factory per rispondere al bisogno di lavorare in una community senza però rinunciare all’indipendenza dell’essere freelance. Da allora, questa nuova realtà lavorativa ha cominciato a diffondersi rapidamente in tutto il mondo con caratteristiche diverse: affittando una postazione –scrivania + connessione ad internet– si lavora fianco a fianco con le professionalità più diverse: liberi professionisti, manager, imprenditori e start-up.
In Italia il coworking prende il via nel 2008 a Roma nella redazione del free press 7thFloor, a Bologna negli spazi dell’associazione culturale LaPillola400 e nel 2009 a Milano con Cowo, che oggi è una una rete con numerosi uffici in tutta Italia. Nel 2010 sbarca in Italia a Milano il primo nodo della rete internazionale Hub, dedicato all’innovazione e all’imprenditoria sociale e alle persone che la promuovono, che oggi ha sedi anche a Roma, Rovereto, Siracusa, Bari, Trieste e Firenze.
In entrambi i casi – business centre e coworking- la tecnologia è un must; nel primo caso gli elementi caratterizzanti dal punto di vista architettonico sono l’immagine di prestigio, la qualità del dettaglio e un’enfasi anche formale del look high-tech e minimalista (pochi orpelli e molto cristallo e acciaio); nel caso coworking domina invece l’informalità, il mood domestico, la massima apertura –mentale e spaziale- negli open space sono protagonisti elementi architettonici e decorativi inusuali, personalizzati e stimolanti, come è ovvio che sia in ambiente frequentato da like-minded workers con un’età media di 30/35 anni.
Nella photogallery:
1 Un esempio di coworking: The Hub Milano, un affascinante spazio di 500 mq più 70 di cortile in via Paolo Sarpi (80 postazioni di lavoro, 1 sala eventi da 100 persone, 2 sale workshop da 40 persone ciascuna) dove imprenditori, creativi e professionisti con progetti o start up ad alto impatto sociale e ambientale possono accedere a risorse, lasciarsi ispirare dal lavoro di altri, avere idee innovative, sviluppare relazioni utili e individuare opportunità di mercato.
2 Un esempio di business center: Blend Tower di Windows on Europe a 50 metri dalla Stazione Centrale di Milano 11 piani, 100 uffici, per un totale di 300 postazioni di lavoro e 11 sale per riunioni, per un totale di 170 posti, con lay-out variabili, zona lounge panoramica all’ultimo piano. Il progetto architettonico è di 5+1 AA di Genova (archh. Alfonso Femia e Gianluca Peluffo); l’interior design di Studio DC10 (arch Marco Vigo).