
Il graduale rientro in ufficio non segna il declino dello Smart Working: ben l’89% delle grandi aziende e il 62% delle PA continuerà ad applicare il Lavoro Agile.
Lo scenario che emerge dai risultati della ricerca 2021 di Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano conferma che anche nel post-pandemia lo smart working è destinato a crescere.
A settembre 2021 gli smart worker in Italia erano 4,07 milioni (calati rispetto ai 5,37 milioni imposti dall’emergenza dello scorso marzo), ma aumenteranno nel prossimo periodo a 4,38 milioni, con formule ibride che fissano mediamente 3 giornate “smart” nelle grandi aziende e 2 nella Pubblica Amministrazione.
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La survey 2021 di OSW conferma che le modalità di lavoro in Smart Working torneranno ad essere ibride, finalizzate a un maggiore equilibrio fra lavoro in ufficio e in remoto.
Il Lavoro Agile rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende (dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali) nel 62% delle PA, (in cui prevalgono le iniziative strutturate ma anche molta incertezza sul futuro) e nel 35% delle PMI (fra cui prevale – 22%- l’ approccio informale ed è forte la tendenza a tornare indietro). Il 51% delle PMI prevede di abbandonare lo smart working.
Fra le grandi imprese che hanno definito o stanno definendo un progetto di smart working, il 40% afferma che il progetto non era presente prima dell’emergenza e che è stata la pandemia l’occasione per introdurlo (l’85% fra le PA).
Vantaggi e Svantaggi dello Smart Working
Sia gli smart worker che le organizzazioni mettono in luce un forte incremento dell’equilibrio lavoro/vita privata.
Il 39% degli smart worker dichiara un miglioramento di work-life balance e un aumento di produttività (73%); accrescimento della fiducia fra manager e collaboratori (32%) e della comunicazione fra colleghi (31%), ma denuncia lo svantaggio del tecnostress (28%) e dell’overworking (17%).
Lo smart working forzato ha avuto effetti negativi anche sull’engagement: il coinvolgimento degli smart worker è calato dal 12% al 7%.
Diverso il punto di vista delle organizzazioni: anche le grandi imprese e le PA evidenziano miglioramento di efficacia ed efficienza (quest’ultima migliorata per il 59% delle grandi imprese e il 30% delle PA contro rispettivamente il 5% e il 16% che dichiarano un peggioramento).
Ma l’aspetto ritenuto più negativo è quello della comunicazione tra colleghi, peggiorata per il 55% delle grandi imprese, il 44% delle PMI e il 48% delle PA (a fronte rispettivamente del 10%, 9% e 16% che dichiarano un miglioramento).
Come cambia il workplace
Il 55% delle grandi aziende e il 25% delle pubbliche amministrazioni ha avviato interventi di modifica degli spazi per adattarli al nuovo modo di lavorare. La maggior parte delle organizzazioni non interverrà sulle dimensioni ma sulla riorganizzazione degli ambienti di lavoro.
Il 33% delle grandi aziende prevede però una riduzione degli spazi. Solo il 18% delle PA ipotizza la necessità di aumentare gli spazi.
Benefici sociali e ambientali
Secondo le grandi imprese, l’applicazione su larga scala dello Smart Working favorisce l’inclusione delle persone che vivono lontano dalla sede di lavoro (81%), dei genitori (79%) e di chi si prende cura di anziani e disabili (63%).
La possibilità di lavorare in media 2,5 giorni a settimana da casa porterà poi a significativi risparmi di tempo e denaro: 123 ore l’anno e 1.450 euro in meno per ogni lavoratore che usa l’automobile per recarsi in ufficio.
In termini di sostenibilità ambientale si può stimare che l’applicazione dello Smart Working ai livelli post-pandemici previsti porterà a una riduzione annuale delle emissioni di circa 1,8 milioni di tonnellate di CO2 (pari all’anidride carbonica assorbita da 51 milioni di alberi).
Dati questi che non possono essere trascurati nelle scelte politiche.
“La pandemia ha accelerato l’evoluzione dei modelli di lavoro verso forme di organizzazione più flessibili e intelligenti e ha cambiato le aspettative di imprese e lavoratori, anche se emergono delle differenze fra le organizzazioni che rischiano di rallentare questa rivoluzione – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working -. Le grandi imprese stanno sperimentando nuovi modelli di lavoro, con la ricerca di nuovi equilibri fra presenza e distanza capaci di cogliere i benefici potenziali di entrambe le modalità di lavoro. In molte organizzazioni, soprattutto PMI e PA, invece, si sta tornando prevalentemente al lavoro in presenza a causa della mancanza di cultura basata sul raggiungimento dei risultati. Un arretramento che si scontra con le aspettative dei lavoratori e gli obiettivi di digitalizzazione, sostenibilità e inclusività del nostro Paese. Ora è necessario costruire il futuro del lavoro sul vero Smart Working, che non è una misura emergenziale, ma uno strumento di modernizzazione che spinge a un ripensamento di processi e sistemi manageriali all’insegna della flessibilità e della meritocrazia, proponendo ai lavoratori una maggiore autonomia e responsabilizzazione sui risultati”.
“Per cogliere tutti i benefici dello smart working serve l’impegno di tutti i soggetti – afferma Alessandra Gangai, Direttrice della Ricerca Smart Working nella PA -. Alle organizzazioni spetta il compito di strutturare progetti coraggiosi, lavorando su policy, tecnologie, spazi di lavoro e stili di leadership; i lavoratori devono allenare skill più adeguate al nuovo work-life balance; i policy maker devono accompagnare questa trasformazione con onestà intellettuale e lungimiranza”.