
Seguendo un costante processo evolutivo, Progetto CMR ha ampliato il suo approccio di progettazione integrata passando dal disegnare al creare. Coerentemente con la sua visione di “integrazione totale”, dopo avere introdotto nel progetto architettonico anche gli aspetti ingegneristici, tecnici e normativi, ha aperto la divisione Progetto Design & Build per rispondere alle richieste del mercato.
Il questa intervista Massimiliano Notarbartolo, AD della divisione Progetto Design & Build spiega quali sono gli elementi distintivi di questo metodo che arriva al fit-out completo.
La divisione Progetto Design & Build –società al 70% di Progetto CMR e al 30% di Massimiliano Notarbartolo che copre la posizione di Amministratore Delegato– è stata fondata da poco più di un anno, ma ha già un invidiabile portfolio di referenze e ha chiuso il 2018 con 4 milioni di fatturato, grazie alla passione e all’impegno di un team di 12 persone e al contributo di risorse condivise con Progetto CMR (uno staff di 160 professionisti e oltre 2600 progetti eseguiti).
Che cosa differenzia l’approccio Design & Build dal cosiddetto “chiavi in mano”?
La definizione “Chiavi in mano” si riferisca alla realizzazione di ciò che riguarda l’arredo e i complementi.
Questo approccio non può rispondere alle richieste di un mercato evoluto: i clienti ci chiedevano di chiudere il progetto, di realizzarlo nella sua completezza.
Operare in modalità Design & Build significa partire dall’analisi, progettare e arrivare alla realizzazione, includendo non solo il progetto architettonico e l’edilizia, ma anche l’ingegneria (elettrica, meccanica, dati) fino all’allestimento degli arredi, al fit out completo.
La forza del progetto Design & Build è prendere in considerazione la realizzazione già nella fase iniziale del progetto; tra le competenze che partecipano al progetto ci sono anche ingegneri e project manager e professionisti degli aspetti finanziari per garantire la qualità del progetto e il rispetto di tempi e costi senza sforare budget prefissati.
Non c’è il rischio che, per rispettare tempi e costi, sia necessario abbassare il livello qualitativo del progetto?
No, al contrario. Per garantire un alto livello qualitativo dedichiamo più tempo nell’analisi preliminare seguendo un metodo abitualmente adottato in Germania.
Si analizza ogni singolo aspetto, ogni variante prima di sviluppare il metaprogetto: analisi dell’edificio, aspetti contrattualistici, survey sui modi di lavorare dei dipendenti e persino criticità che si potrebbero creare per disturbo arrecato ai “vicini di casa”.
Può sembrare una perdita di tempo, ma è proprio quello che evita brutte sorprese in corso d’opera.
Quindi il team di lavoro include anche professionalità che normalmente non sono coinvolte nei progetti di architettura?
Esattamente. In particolare ci sono tre figure professionali che riteniamo fondamentali.
Allo sviluppo dei progetti partecipano due risk manager che prendono in considerazione tutti gli aspetti finanziari e legali.
Per esempio si arriva a considerare il rischio per un possibili ritardi di consegna dei fornitori, sono inoltre monitorate eventuali criticità (per esempio anche periodi festivi all’estero con dogane chiuse che possono allungare i tempi previsti). Il cliente è sempre reso consapevole di questi rischi.
Altra nuova expertise è duella del defect engineer, professionista che entra in azione un paio di settimane prima di consegnare il progetto per verificare tutto quello che può essere sfuggito al team di progetto, affrontando con spirito critico e precisione estrema parte edile, impianti, acustica, fino agli arredi, esattamente come succede nel controllo di qualità della catena produttiva del settore auto.
Ultima figura è il trainer che accompagna i dipendenti nel cambiamento dei nuovi uffici, spiegando a gruppi come utilizzare spazi, arredi, parti comuni e vie di fuga, come gestire gli impianti personalizzabili, come usare postazioni, cablaggi e arredi.
Dunque non c’è coinvolgimento dei dipendenti in fase progettuale?
Il coinvolgimento implica anche aspetti emotivi che possono falsare i risultati. Preferiamo impegnarci in una fase di analisi molto profonda che precede il progetto. Questa survey ci permette di conoscere le esigenze del cliente in base a quattro variabili: behavior, diversity, space innovation e brand identity.
Affrontiamo i temi dividendoli per popolazione e, dopo il confronto con il top management e il middle management, passiamo dall’analisi qualitativa a quella quantitativa.
Tutte queste informazioni ci permettono di arrivare al metaprogetto che non è più solo la visione dell’azienda o interpretazione dell’architetto, ma è uno spazio disegnato a quattro mani.
Il progetto D&B è un percorso che inizia dal conoscere in modo profondo i sogni del cliente e arriva a realizzarli. E’ una responsabilità enorme, possiamo essere fautori del sogno o creare un incubo….
Quando il cliente capisce di poter realizzare il progetto della sua vita non è più fondamentale fare in fretta. Il cliente però si aspetta di farlo nei tempi previsti e con i costi giusti.
La validità del nostro approccio si misura nella realtà: dopo 1 anno di attività, abbiamo registrato solo successi e nessuna contestazione.
Che cosa differenzia Progetto Design & Build da altre società che applicano questo metodo?
A differenza di altre società, non siamo partiti come dealer e non siamo una multinazionale. Non siamo nemmeno general contractor, quindi non realizziamo se non progettiamo.
Siamo uno studio di progettazione integrata; la nostra necessità è capire la richiesta dei clienti per poter affrontare il progetto in tutte le sue fasi.
Ogni progetto è diverso. Noi abbiamo consolidati capisaldi e sappiamo cosa vuole il cliente: vuole che il suo sogno si realizzi anche se si renderanno necessari dei tagli.
Nelle immagini alcune delle sedi realizzate a Milano da Progetto Design & Build nel 2018:
Sobi, Merz Pharma, Aquileia Capital, E-Novia Innovation Center, Logicor.
Foto di Paolo Riolzi