Quando l’Arte invade l’Architettura.

Ci sono casi in cui l’interazione tra l’opera d’arte e lo spazio che la circonda è profonda e, abbracciando anche l’osservatore, crea un “sistema organico”. Talvolta, superando il concetto di site-specific, l’arte sembra addirittura invadere l’architettura; alcune installazioni d’arte diventano esse stesse architetture. L’ultima Biennale d’Arte di Venezia e St. Moritz Art Master ci offrono alcuni casi interessanti.

Quando un’opera d’arte è creata per un luogo specifico e la relazione con l’ambiente circostante fa riferimento all’identità, alla storia e al genius loci del sito che la ospita si usa definirla Site-Specific. Ma come definire quelle installazioni che prendono il sopravvento sull’architettura, se ne impossessano, ne stravolgono la spazialità?
Prendiamo per esempio la straniante installazione di Rudolf Stingel che coinvolge l’intera superficie espositiva di Palazzo Grassi a Venezia: oltre 5.000 mq di pavimenti e pareti, scale incluse, rivestiti senza soluzione di continuità con moquette stampata a pattern di tappeto orientale che fanno da sfondo a dipinti e foto.  Già dagli anni ’90 il “tappeto” è un elemento centrale nel lavoro di Stingel, testimone del trascorrere del tempo, del passaggio delle persone e fonte di ispirazione per la varietà di disegni e trame; ma questa poetica invasione che sovverte le consuete relazioni spaziali fra spettatore e dipinto, definisce un poetico percorso che trasporta il nostro immaginario da Venezia all’Oriente o allo studio viennese di Freud (la mostra è aperta fino al 31 dicembre 2013).
Sempre a Venezia e sempre su proposta dell’acuto François Pinault, non è da meno la prima grande sala che apre la mostra “Materia Prima” alla Punta della Dogana, un’occasione per ripensarne gli spazi e modificarne la percezione; il caotico ambiente ad opera di Ryan Trecartin e Lizzie Fitch che dissacra l’architettura minimale di Tadao Ando mescola strutture, mobili da outdoor, installazioni, arredi reinventati e proiezioni a disposizione del visitatore che può usarle, fruirle, testarle: si prega di toccare!
Altro intervento monumentale, sempre in occasione della 55a Biennale d’Arte a Venezia, è A Remote Whisper del portoghese Pedro Cabrita Reis che “penetra” i 700 mq del piano nobile di Palazzo Falier con una precaria e artigianale installazione di lunghi profili di alluminio e luci fluorescenti indirizzando l’osservatore verso traiettorie casuali e caotiche, dai grandi saloni interni fino al balconcino esterno (la mostra è aperta fino al 24 novembre 2013).
Non ultimo, c’è il grande Ai Weiwei che a Venezia ci ha commosso con la celebre Straight, altro evento collaterale alla Biennale allo Zuecca Project Space, versione ingrandita dell’installazione esposta a Washington nel 2012. Una sorta di struggente memoria di ciò che è successo, 150 tonnellate di tondini d’acciaio che armavano le strutture delle scuole distrutte dal terremoto di Sichuan nel 2008 dove persero la vita oltre cinquemila bambini. Recuperate dalle macerie, trasportate, raddrizzate, rese incandescenti, forgiate e martellate con certosina pazienza da centinaia di collaboratori, (come illustra lo struggente video) le barre di ferro arrugginito si snodano ora in calme onde irregolari contagiando l’intero ambiente con il sentimento di strazio e di dolore che sanno raccontare (la mostra, una sezione della personale di Ai Weiwei “Disposition” allestita allo Zuecca Project Space e a S.Antonin in collaborazione con Lisson Gallery è aperta fino al 15 settembre).
Ai Giardini della Biennale invece Bang, altra opera di Ai Weiwei invade il Padiglione Germania (in un curioso scambio gemellato con la Francia, curatore Susanne Gaensheimer). 886 antichi e semplici sgabelli in legno a tre gambe tipici della tradizione cinese -usati, sciupati, sverniciati, passati di generazione in generazione- esplodono da terra al lucernario dando vita a una sorta di organismo rizomatico in crescita che critica la modernizzazione e la negazione delle tradizioni della Cina post Rivoluzione Culturale.

Affascinante anche l’opera site-specific di Ai Weiwei in occasione di St.Moritz Art Masters: l’enorme albero realizzato con blocchi di legno provenienti dalla montagne cinesi assemblato con bulloni a vista fuori scala ha colmato la spoglia architettura della piccola Chiesa Protestante di St.Moritz.
È sempre visibile invece la folle architettura pensile e policroma allestita sul tetto del Criystal Hotel di St Moritz, si tratta di Relay dell’artista svizzero Kerim Seiler, creato nell’ambito del “Progetto BlackBox”: una piccola casa-atelier, copia di un analogo rifugio installato a Johannesburg, destinata ad accogliere e ispirare artisti (quest’anno il sudafricano Gerald Machona e la cinese Li Li).
L’arte assume forme, dimensioni e identità dell’architettura anche nel Padiglione della Georgia allestito per la 55a Biennale d’Arte di Venezia. Kamikaze Loggia (curatore Joanna Warsza), un’estensione parassitaria sovrapposta a un antico fabbricato in mattoni dell’Arsenale. Questa tipologia abitativa tipica di Tbilisi, fatta di terrazzi, stanze supplementari e verande, diventa atelier e spazio espositivo provvisorio per sette artisti che vogliono valorizzare il potenziale critico di queste architetture spontanee.

Testo di Renata Sias, direttore di WOW! Webmagazine

Didascalie
1 Rudolf Stingel, Untitled
(St. John the Baptist), view at Palazzo Grassi Venezia. Photo: Stefan Altenburger. Private collection. Courtesy of the artist.
2
“Materia Prima”, installation by Ryan Trecartin / Lizzie Fitch, Punta della Dogana Venezia.
3 A Remote Whisper, Pedro Cabrita Reis, Palazzo Falier Venezia. Photo JoãoErrand-Pcr Studio.
4
Straight, Ai Weiwei. Installation view, Zuecca Project Space,Venice, 2013(Courtesy, the artist and Lisson Gallery)
5 Iron Tree, Ai Weiwei, St.Moritz Art Masters 2013.
6 Bang, Ai Weiwei, German Pavillion at 55 International Art Exhibition La Biennale di Venezia.

7 Relay, Kerim Seiler, Criystal Hotel St Moritz, St.Moritz Art Masters 2013.
8 Kamikaze Loggia,Pavillion of Georgia at 55 International Art Exhibition La Biennale di Venezia.