
Le luci di una metropoli confusa e sfocata sullo sfondo e, In primo piano, la sfera di cristallo che tutti in questo momento vorremmo avere per trovare risposte alle problematiche che l’emergenza corona virus ha generato.
Questa l’immagine simbolica del webinar “Nuove parole chiave per il workplace dopo covid-19” organizzato da CBRE e WOW! Webmagazine lo scorso 23 aprile con l’obiettivo di capire come cambia l’approccio al progetto del workplace nel breve termine e per individuare nuove visioni e parole chiave per il futuro, che forse si sostituiranno a quelle ormai consolidate dell’era post-industriale, ma pre-pandemica.
LE NUOVE PAROLE CHIAVE PER IL WORKPLACE
EMERSE DAL WEBINAR
distanziamento fisico versus distanziamento sociale –
smart working –
qualità dell’aria – respiro – opportunità – concentrazione
serenità – consapevolezza tecnologica –
barriere – schermi divisori – flessibilità –
sicurezza – percezione del rischio – corona-working – assemblabilità – connettività –
spazi ufficio delocalizzati – hub culturale – droplet –
lavorare in sicurezza – connessione –
benessere – freedom of choice –
accelerazione del cambiamento
Di seguito pubblichiamo un sintetico report dei contenuti e la registrazione integrale del webinar.
Per rendere la registrazione più facilmente fruibile, anche parzialmente, nel testo è indicato il timing, con il minuto di inizio delle singole domande/risposte.
In apertura del webinar, Renata Sias sintetizza gli obiettivi dell’incontro, spiega che l’idea e “l’approccio” del webinar nascono da un lavoro svolto con Isao Hosoe oltre 30 anni fa.
E presenta gli speaker:
Alberto Cominelli, Head of Project Management Italy CBRE
Alessandro Adamo, Partner Lombardini22 and Director DEGW Italia
Cino Zucchi, Architetto, Professore Politecnico di Milano e Visiting Professor Harvard University
Lorenzo Maresca, Managing Director Sedus Italia
Pietro Carullo, co-founder Cardex
Gabriele Masi, antropologo e collaboratore WOW! Webmagazine
Luciana De Laurentiis, Institutional Relations Fastweb
Mauro Mordini, Country Manager Regus Italia
Primo giro di domande agli speaker:
Domanda a Alberto Cominelli (minuto 0,04,36)
Quali problematiche sono emerse in questo periodo di quarantena e quali aspetti potrebbero influire sull’utilizzo degli spazi di lavoro non solo nel breve ma anche nel medio-lungo periodo?
Senza entrare nel merito dello smart working, di cui si già tanto parlato, il distanziamento sociale impone alle aziende nuove linee guida che impattano in particolare su aree di accesso, open space, spazi collaborativi che non saranno cancellate, ma dureranno per il lungo periodo.
Sarà fondamentale l’incremento dei sistemi di ventilazione.
La consapevolezza tecnologica che abbiamo acquisito cambierà il concetto di spazio collaborativo (realtà aumentata, ologrammi). Abbiamo bisogno di maggiore concentrazione, anche digitale.
Domanda a Alessandro Adamo (minuto 0,09, 20)
Che cosa state valutando nei stress test sugli edifici che state sviluppando per i vostri clienti? Quanto i nuovi office building sono funzionali all’impatto covid-19 e a possibili altri eventi sfavorevoli?
E’ ancora presto per le risposte, ma stiamo lavorando su 2 livelli: le problematiche per la riapertura riguardano la compartimentazione degli accessi, tecnologie, percorsi, ventilazioni, sistemi di sterilizzazione.
Poi c’è l’altro livello più visionario, abbiamo redatto un questionario per capire quali effettivamente sono i cambiamenti per il luogo di lavoro che magari potrebbe entrare nell’abitazione o in altri ambiti.
Per portare un esempio pratico, nel caso di Allianz è stato semplice compartimentare gli accessi ai piani, si ipotizza che la presenza sarà tra 20/30%, stiamo ipotizzando zone filtro all’esterno e una sorta di layout a bolle che si muovono all’interno dello spazio.
Domanda a Cino Zucchi (minuto 0,14,36)
Quali sono le tue riflessioni dopo avere sperimentato edifici e città vuoti, senza presenza di persone? Questa esperienza può dare indicazioni per l’architettura e l’impianto urbano della città?
La città non è uno smartphone che si può buttare quando è superato e rifare ogni generazione.Non dico la città debba rimanere sempre come è, ma si deve adattare. Queste emergenze non sconvolgono le città.
C’è però uno sfalsamento temporale nell sistema edilizio. Prendiamo per esempio lo Student Hotel di Amsterdam, una struttura che concentra 40 tipi di funzioni diverse (coworking, hotel, co-housing, ecc). Oggi dovremmo coniare il termine “Corona-working”? Non dobbiamo correggere tutti gli slogan che erano validi 3 mesi fa!
Le crisi accelerano meccanismi già in atto e il futuro è un mix continuo di passati.
Sopravviveremo anche a questo; paradossalmente più si è specializzati e ottimizzati per una funzione, più rischia di morire. Gli elementi di interior devono poter sopravvivere a diversi layout, a cambiamenti di destinazione e funzione.
Domanda a Lorenzo Maresca (minuto 0,20,50)
La mission di Sedus è “migliorare il benessere e la felicità delle persone”, come produttori di arredi che soluzioni pensate di offrire per accrescere la serenità, la sicurezza e la felicità delle persone in ufficio?
Qualche anno fa abbiamo svolto con IFMA una ricerca dalla quale emergeva che la riconfigurabilità degli arredi era il requisito che i facility manager mettevano al primo posto. Questa è una risposta cui devo pensare per l’immediato. Anche i materiali sono importanti, per esempio utilizziamo tessuti di alta qualità come il Silvertex con protezione antibatterica e siamo attenti a soluzioni che facilitino la manutenzione, per esempio un sedile estraibile rende più agevole la pulizia.
Dal punto di vista comfort, invece devo ripensare il lavoro da casa non è evidente per tutti che l’ergonomia e il benessere sono basilari anche in home working.
Domanda a Pietro Carullo (minuto 0,25,00)
Cardex, in qualità di dealer, ha il polso su nuove esigenze da parte di progettisti e aziende clienti, che cosa chiede il mercato oggi?
In questo momento le richieste più alte sono quelle di elementi per il distanziamento sociale, barriere anti-contagio e schermi divisori.
Insieme a questi elementi per l’ufficio, e considerando che in molti continueranno a lavorare da casa, alcune aziende iniziano a destinare budget dedicati a postazioni ergonomiche per la casa.
Domanda a Gabriele Masi (minuto 0,29,53)
La flessibilità e la resilienza sono qualità adatte per affrontare la situazione che stiamo vivendo e ci daranno gli strumenti per trovare risposte nuove?
Flessibilità e resilienza sono concetti pensati per arrivare fino a un certo punto, invece bisogna andare oltre, bisogna accettare la rottura e riassemblare per ottenere altre potenzialità.
Le crisi possono servire per pensare nuovi accordi, i significati possono essere rimessi in gioco. In questo momento sono qualità come l’assemblabilità e la connettività che ci faranno scoprire nuovi significati.
Domanda a Luciana De Laurentiis (minuto 0,34,40)
La vostra sede, inaugurata di recente, è uno degli esempi simbolo di smart workplace, hub culturale, ibridazione con la città. Se il lavoro si svolgerà sempre più da remoto, che significato assume oggi l’headquarters?
Fortunatamente noi abbiamo sperimentato il “vero” Smart Working prima dell’emergenza, quello che avevamo costruito ci ha permesso di ampliare a tutte le nostre 16 sedi un modello già sperimentato e sarà molto utile anche per il rientro. Per esempio tutti utilizzeranno la app per prenotare le postazioni non assegnate e scegliere una disposizione a scacchiera che garantisca il distanziamento fisico. La sede di Milano era e resta un hub culturale, anche se gli appuntamenti con esperti, esponenti dei mondi più diversi, si sono spostati su piattaforma digitale. Non è la stessa cosa, ma l’imprinting con cui era stato concepito resta valido.
Domanda a Mauro Mordini (minuto 0,40,45)
Gli spazi di lavoro temporaneo, simbolo della sharing economy sono anche luoghi di relazione basati sull’occupazione fluida e la community. Il corona virus rischia di far morire anche i coworking?
La definizione di Ufficio Flessibile ha diverse accezioni: il tipico coworking in open space, dove tutti interagiscono a stretto contatto è solo una piccola parte dei Flexible Office. Queste strutture, utilizzate da più imprese, prevedono anche spazi riservati, non condivisi e non in open space.
Quindi l’impatto dell’emergenza sanitaria è maggiore sul coworking condiviso in open space: dovrà cambiare il design e andranno previsti sistemi di panificazione perchè sono usati da più persone nell’arco della giornata. Anche se l’emergenza avrà una fine è probabile che alcuni standard saranno mantenuti.
Quello che già stiamo vedendo è un’accelerazione della domanda di aziende che chiedono spazi flessibili, a uso esclusivo anche spazi ufficio delocalizzati in città, per offrire ai dipendenti luoghi di lavoro confortevoli evitando il rischio dei trasporti pubblici. Prima la vicinanza a casa aveva come obiettivo il work-life balance, adesso la sicurezza.
Con l’aumento della percezione del rischio aumenta la domanda di flessibilità delle aziende che spesso devono cambiare strategia e hanno bisogno di una possibilità di scelta intermedia, ora che non tutte le persone sono in ufficio, prima di poter arrivare alla soluzione definitiva.
Questo isolamento ci porterà a interagire con gli altri più di prima, anche se con standard di sicurezza più alti.
Segue il secondo giro di domande agli speaker:
Domanda a Alessandro Adamo (minuto 0,48,10)
Entriamo in tema space planning: i nostri comportamenti cambieranno, dovrà cambiare anche il layout? Basterà distanziare le persone, lavorare su più turni, usare tecnologie contact-less o bisognerà rispolverare i concetti di prossemica. Abbiamo portato in ufficio distanze “intime”, una sorta di promiscuità… dobbiamo fare dietrofront?
Dobbiamo essere prudenti sul modificare i layout, c’è stata un’accelerata al lavoro forzato da casa. Modificare la distanza della relazione umana porta a modi di comportarsi diversi. Interessante anche il feed back sulla percezione delle persone che pensano di essere più efficienti lavorando da remoto. Dovremo convivere con questi aspetti.
Domanda a Pietro Carullo (minuto 0,53,15)
Se i comportamenti delle persone cambieranno, come saranno usati gli arredi che meglio hanno espresso il nuovo spirito del workplace (office pod, postazioni touch down, tavoli bench, divani cocoon, aree in-between conviviali)? La fobia per i luoghi condivisi ci farà tornare al cubicle? Sarà il droplet a definire il progetto degli uffici?
Certamente il droplet è l’argomento base in questo momento, dovremo convivere a lungo con il timore dell’altro. Le sale riunione, per esempio vanno riconfigurate, vedo per esempio che la configurazione tipico con sedie intorno al tavolo sarà sostituita da sedie con tavoletta che permettano l’opportuno distanziamento.
Domanda a Luciana De Laurentiis (minuto 0,55,45)
Voi che siete perfettamente strutturati in modalità smart working dal punto di vista tecnologico e organizzativo, quali misure e strategie adotterete per far sì che i vostri dipendenti desiderino andare in ufficio e lo percepiscano come un luogo sicuro?
I contributi dei nostri dipendenti sulla piattaforma social intranet dimostrano che il desiderio di tornare a lavorare in sede è alto.
C’è un forte bisogno della spinta creativa generata dagli incontri informali, quindi si dovrà tornare a lavorare in sicurezza, con un contingentamento e una disposizione a scacchiera.
Nella nostra comunicazione abbiamo abolito il termine “distanziamento sociale”: il distanziamento è solo fisico, ma la connessione sociale invece resta forte.
Stiamo anche proponendo ai dipendenti una survey che tocca diverse tematiche, non solo la percezione del rischio, ma anche la gestione di altre esigenze, anche familiari: la fase 2 prevede la riapertura del mondo del lavoro separato dal mondo dell’istruzione e questo solleverà nuove problematiche.
Domanda a Mauro Mordini (minuto 0,59,34)
Come multinazionale con spazi di lavoro flessibili in tutto il mondo, quali strategie state mettendo in atto a livello globale, non solo immediate di tipo sanitario?
Il settore degli uffici temporanei è già partito qualche settimana fa. In Cina, dove abbiamo chiuso 90 centri e c’è già stata la riapertura, abbiamo già quasi raggiunto livelli pre-virus.
Gruppi di lavoro stanno lavorando sul design futuro dei nostri spazi. Abbiamo 3300 strutture nel mondo, vanno rivisti gli impianti, le bussole di accesso, il layout, ecc.
Ma abbiamo messo in atto anche nuove politiche commerciali per facilitare i clienti interni, per esempio le aziende che hanno workplace con alta densità di persone, affinché possano espandersi a prezzi vantaggiosi.
Domanda a Gabriele Masi (minuto 1,02,50)
Dal punto di vista antropologico – non da quello dei decreti di legge- come si può applicare il concetto di Sicurezza in un workplace?
La sicurezza è un bisogno primario che tocca l’individuo nei suoi aspetti più cari. Oggi ci troviamo di fronte a norme di sicurezza percepite come calate dall’alto che produrranno stress. Per esempio, le tanto richieste barriere ci ricordano costantemente il pericolo che ci circonda.
Servirebbe un approccio bottom up capire, insieme alle persone, quali sono le loro esigenze di sicurezza, non solo calando dall’alto regole e distanziamenti. La strada della survey è costruttiva, serve qualcosa di cui si possa dibattere, servono soluzioni da trovare insieme.
Domanda a Lorenzo Maresca (minuto 1,06, 30)
Sedus da tempo redige i suoi famosi “quaderni” una sorta di Bignami dei grandi temi del workplace. Il booklet più recente Workasutra dà suggerimenti per lavorare da casa in modo ergonomico. E’ previsto un prossimo quaderno che evidenzi i nuovi trend, si dovranno contraddire le indicazioni di quello intitolato “Freedom at Work”?
Il prossimo quaderno del trend monitor si intitolerà “All Inclusive” e analizzerà come le diversità, anche cognitive, si riflettano sugli stili di lavoro.
L’obiettivo è arrivare a ufficio inclusivo, che deve offrire benessere con work setting diversi, non solo a seconda delle attività da svolgere, ma anche in base ai diversi comportamenti.
Dunque nessuna contraddizione al “Freedom at Work”, né il ritorno al cubicle. In futuro ci sarà più che mai bisogno di spazi diversi, di freedom of choice.
Domanda a Alberto Cominelli (minuto1,09,08)
A livello globale sono in corso ricerche CBRE sull’effetto della pandemia sul RE? Per esempio i tenant quali conseguenze dovranno considerare sia sulla domanda di spazio che sull’organizzazione dello spazio? La certificazione WELL diventerà sempre più importante, sarà ipotizzabile un ampliamento verso la sostenibilità sociale, quindi non centrata solo sull’individuo ma sulle relazioni?
Riceviamo quotidianamente innumerevoli ricerche focalizzate sulla fase 2; tra qualche mese sarà disponibile anche un outlook relativo al mondo tenant e Real Estate.
Da una survey sul RE emerge che per le multinazionali, il Benessere sarà uno degli argomenti centrali, anche dal punto di vista sociale.
Si conferma quello che abbiamo affermato anche prima, l’ufficio resterà il centro fisico che racchiude i valori dell’azienda, l’hub culturale.
In Italia ci sarà un’accelerazione dell’activity based working con un impatto sulla domanda di spazio che potrebbe anche aumentare dato che si dovrà ridurre la densità delle persone.
Stiamo vivendo un momento di accelerazione del cambiamento e di opportunità.
Domanda a Cino Zucchi (minuto 1,13,15)
Alla luce delle necessità nate dall’emergenza covid, qualcuno ipotizza di ripensare il progetto degli edifici in un’ottica di trasformabilità (alberghi che si trasformano in ospedali, per esempio).
Che equilibrio può esserci tra elementi basilari del progetto e quelli che derivano da mode o da esigenze temporanee?
Il processo progettuale è una linea che dal concetto arriva alla realizzazione. Noi invece stiamo segmentando la linea in una serie di specialismi e questo spezzettamento toglie il carattere sintetico all’architettura.
Stiamo sostituendo la certificazione o la correttezza alla procedura al concetto di qualità.
Credo che serva buon senso e capacità di continuo dialogo tra culture progettali che sono sono ecosistemi in evoluzione costante. I sistemi specialistici sono più fragili, mentre gli spazi “buoni” funzionano e si mantengono validi sempre anche nelle diverse epoche.
Terza domanda uguale per tutti gli speaker.
Qual è il primo luogo dove desideri andare, quando finirà la quarantena: andrai in ufficio o ..?
Le diverse risposte (nessuno ha scelto il workplace!) sono l’occasione per concludere il webinar in leggerezza e con un sorriso…