L’ufficio, paesaggio urbano con cocoon.

Avete presente la Personal Bubble di Edward T.Hall, quella bolla personale di dimensione variabile che l’antropologo statunitense descriveva nel suo “La dimensione nascosta” già nel 1966?

Una delle intuizioni più geniali del creatore della prossemica è stata quella di negare che il confine dell’uomo coincidesse con la sua pelle: il confine va oltre il corpo vero e proprio e interessa il microspazio che circonda l’individuo, quello spazio personale che ognuno considera psicologicamente “proprio”, che non ammette invasioni ma che può essere volontariamente condiviso con chi desideriamo.
Lo spazio è per Hall un elemento che l’uomo utilizza come mezzo di comunicazione e per stabilire rapporti con i suoi simili, relazionandosi nell’ambito delle varie “distanze” –intima, personale, sociale, pubblica- in base alle attività che svolge.

Il modern working environment che emerge dall’ultima edizione di Orgatec è quasi un omaggio a Hall e alla sua Personal Bubble e si sviluppa in paesaggi articolati con postazioni cocoon, temporanee, singole o condivise, configurate ed equipaggiate in base alle varie attività che si svolgono, soli o in gruppo, durante la giornata.
Alcove di colori vivaci e materiali inconsueti che garantiscono privacy acustica e visiva, non necessariamente dotate di tavoli o scrivanie, la personal bubble può essere accolta in poltrone e divani dagli alti schienali. La riduzione delle dimensioni delle postazioni individuali non personali è compensata aree di supporto attrezzate per meeting e relax.

Un ritorno al cubicle di Dilbertiana memoria? Non esattamente. Resta il concetto di uso efficiente dello spazio e torna l’idea di pannello alto ma le forme sono morbide e organiche con forte enfasi sulla flessibilità, non solo nella riconfigurazione dello spazio, ma soprattutto nella scelta di utilizzo da parte dei lavoratori.
Basato su nuove tecnologie ICT, lo smart working prevede la possibilità di scegliere la propria postazione in base all’attività che si deve svolgere, alla necessità di tecnologie particolari oppure all’esigenza di lavorare in gruppo. Il/i nomadic worker si muove/muovono in questo articolato paesaggio ufficio tra “me-places” e “we-places”, per usare la terminologia proposta da Bene.

Questi concetti non vi ricordano l’idea di non –territorialità proposta da Stone e Lucchetti nel lungimirante articolo “Your Office is where you are” pubblicato sulla Harvard Business Review nel 1985?
Oppure il “Citizen Office” di Vitra partorito nel 2001 dai lungimiranti Rolf Fehlbaum, Ettore Sottsass, Andrea Branzi e Michele De Lucchi?

La photogallery illustra alcuni dei nuovi prodotti basati su questi concetti presentati recentemente a Orgatec 2012.

Vitra. Workbay (design Ronan & Erwan Bouroullec)
Workbay infrange i rigidi schemi di pianificazione dell’ufficio e conferisce un approccio organico all’ambiente di lavoro, che meglio risponde alle esigenze della natura umana. Il  lavoro di squadra è una priorità; l’ufficio è diventato un ambiente di lavoro dinamico, un aspetto che si riflette anche nelle sue nuove dotazioni. Questi cambiamenti positivi delle abitudini di lavoro comportano però anche nuove difficoltà. La sfida più impegnativa è trovare un ambiente alternativo per concentrarsi sul lavoro.
Il sistema Workbay offre locali semiprivati per le cosiddette “zone mediane” di uffici open-space. Con una struttura organica a nido d’ape consente, grazie ai suoi componenti modulari, di realizzare un’ampia varietà di opzioni di progettazione, da postazioni di lavoro singole ad allestimenti di gruppo e soluzioni microarchitettoniche di cluster.

Bene. Docklands (design Luke Pearson & Tom Lloyd)
Esistono quattro tipi di soluzioni in base al grado di mobilità dei lavoratori.
Il lavoratore Anchor utilizza principalmente la sua scrivania ed elabora le informazioni che riceve dagli altri. Il Connector passa la maggior parte del suo tempo di lavoro in ufficio, ma lavora in diverse zone e garantisce che ci sia un flusso di informazioni in tutta l’azienda. Il Gatherer passa circa metà delle sue ore lavorative fuori dall’ufficio e ha bisogno dell’ufficio come un rifugio dove elaborare ciò che ha appreso altrove. Il Navigator svolge la maggior parte del suo lavoro fuori dall’ufficio, va in ufficio solo per scambiare informazioni e partecipare alle riunioni.
Il focus è su Docklands, workplace alternativo per attività temporanee e Cube_S, workspace modulare per attività stanziali con aree di archiviazione integrate.

Di Renata Sias

Possiamo definire “nuovo” quello che oggi ci propongono le aziende?
Potrà oggi essere applicato nella realtà quello che si teorizza da 30 anni?