
Dopo la laurea in ingegneria meccanica, gli anni trascorsi in Kartell come direttore tecnico e responsabile dello sviluppo prodotti hanno trasmesso ad Alberto Meda un’impareggiabile competenza sui materiali plastici. Ma da oltre 30 anni la sua attività di industrial designer per importanti aziende in tutto il mondo lo ha portato a lavorare con i più vari materiali, a esplorare molti campi della progettazione e a confrontarsi con diverse tecnologie.
Da 5 anni anche il figlio Francesco, industrial designer, collabora nello studio dove ha portato un way of designing orientato verso modalità 3.0.
Lo studio Alberto Meda applica un identico modello progettuale in ogni parte del mondo e con ogni tipo di azienda o prodotto di design oppure modifica il proprio approccio in base alle diverse realtà?
A.M. La visione resta costante con un’attenzione rivolta ai veri bisogni. Lo sforzo del designer è costruire oggetti che risolvono problemi o rispondono a desideri, altrimenti si genera un proliferare di forme senza senso. Anche il modo è uguale nella prima fase: si tratta di avere un’idea e buttare giù degli schizzi. Poi però è indispensabile capire le coerenze, i materiali e controllare il processo, in questa fase si verificano le differenze.
Quali sono i principali cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni?
A.M. Una volta si progettava in 2D; il 3D ha portato un grande cambiamento nel modo di lavorare che permette di tagliare i tempi e di controllare il progetto e ha abituato le aziende a nuovi modi di prototipazione.
F.M. In studio abbiamo una stampante 3D per realizzare i prototipi e sapere usare un software CAD sofisticato come SolidWorks è stato utilissimo, per esempio, nella definizione dei dettagli di Physix.
Lo studio Alberto Meda lavora in campi diversi ci sono “trasfusioni” culturali e concettuali ed elementi in comune?
A.M. La necessità di rompere i confini netti è ricorrente: una seduta per ufficio, non è più solo per ufficio, ma transita dal workplace alla casa, dall’home-office agli spazi collettivi. Si cerca una situazione di benessere dunque si può portare a casa il benessere dell’ufficio e al ristorante il benessere della casa.
F.M. Sul tema delle contaminazioni e dei modi di lavorare nel mercato globalizzato, mi sembra interessante l’esperienza di “Orme Cinesi” sviluppata con un’azienda cinese esclusivamente via web. Mi hanno chiesto di trovare un’idea guida per rielaborare mobili tradizionali cinesi in chiave occidentale. Così ho ibridato il tubo metallico, tipico del linguaggio Bauhaus con gli stilemi cinesi e ne è nata una collezione.
Quale scenario e quali evoluzioni prevedi per l’ufficio e per i modi di vivere/lavorare del prossimo futuro?
A.M. Credo che gli accordi aziendali si orienteranno sempre più verso modalità che consentano di lavorare anche in ambito privato o comunque in altri luoghi che non sono l’ufficio tradizionale. Però ci sarà sempre la necessità di incontrarsi per condividere e scambiare idee perché la comunicazione diretta è molto più ricca. Si potranno generare nuovi luoghi deputati all’incontro: l’ufficio esce dall’ufficio e va per strada; i confini si fanno labili e si attua un’invasione di strumenti pervasivi.
Hai progettato sedie, sistemi di acustica e illuminazione, tre campi importanti per l’ergonomia. Che differenza c’è tra progettare una sedia che ha spiccate caratteristiche fisiche e disegnare oggetti che si misurano con immaterialità e frequenze?
A.M. L’approccio comune è privilegiare la condizione di benessere che può dipendere da dalla nostra fisicità oppure da quella ambientale. Nella sedia, Physix lo dichiara anche nel nome, il benessere nasce dalla relazione tra la fisicità del corpo e l’oggetto, dal grado di libertà che la sedia permette al corpo. La luce o l’acustica si relazionano con la percezione, ma influenzano l’atmosfera e l’ambiente e concorrono altrettanto concretamente al benessere. La luce sbagliata può generare disagio e il rumore eccessivo può rendere impossibile la conversazione, uccidere i pensieri.
F.M. Nel caso di Flap per Caimi abbiamo lavorato contemporaneamente sugli aspetti funzionali legati al benessere acustico e sul disegno con un modulo ripetibile che crea un pattern non definito e rompe lo schema canonico dell’ortogonalità. Abbiamo dato un aspetto formale nuovo a un “dispositivo” di ergonomia ambientale.
Didascalie
1 Alberto Meda.
2 Alberto Meda con il figlio Francesco.
3 Sedia ibrida Hydrochair, design Alberto & Francesco Meda (2012) per Alias.
4 Lampada con sorgente LEDda 8 W, Otto Watt, design Alberto Meda e Paolo Rizzatto
(2011) per Luceplan.
5 Sedia Physix, design Alberto Meda
(2012) per Vitra.
6 Lightness è una struttura 3D realizzata con stampante 3D, design Alberto Meda
(2013) Limited Edition.
7 Dialogo tra cultura cinese e design occidentale “Orme Cinesi”, design Francesco Meda (2012) per Schoeni Art Gallery di Hong Kong.
8 Sistema di pannelli fonoassorbenti Flap (schizzo), design Alberto & Francesco Meda (2013) per Caimi Brevetti Snowsound Division.