
“Tra i suoi caratteri distintivi c’è la ricerca e la definizione di nuove tipologie oggettuali”, si legge nel sito ufficiale di Giulio Iacchetti. Due volte Compasso d’Oro con la posata multiuso biodegradabile Moscardino e per la serie di tombini Sfera, entrambi disegnati con Matteo Ragni, lo abbiamo incontrato durante la tavola rotonda Office Design Ibrido. Abbiamo cercato con lui di rispondere a una domanda molto attuale: cosa significa progettare utilizzando le metodologie ibride?
L’ibridazione è un tema importante nella produzione di Giulio Iacchetti. il Moscardino, Compasso d’Oro 2001, metà forchetta e metà cucchiaio ne è un esempio e l’inizio di un percorso verso il prodotto ibrido, che lo ha portato fino all’agenda interconnessa Paper Tablet, progettato per Moleskine nel 2016. Di questo approccio progettuale Iacchetti ha parlato nel corso della tavola rotonda “Office Design Ibrido” organizzata nel nuovo showroom Dieffebi da WOW! e selezionata nel palinsesto di Design City Milano 2016.
Che cosa significa ibridazione?
Ibridazione è una parola di grande contemporaneità. Per spiegarla io partirei dal mulo, l’esempio di ibridazione per eccellenza: non ha la bellezza del cavallo o certe peculiarità dell’asino, però ha dei tratti fondamentali come la resistenza e capacità di affrontare ostacoli. Il mulo non è un esempio negativo, anzi, per me è davvero ciò che può fare l’uomo cercando una via di mezzo.
Qual è l’atteggiamento del progettista verso l’ibridazione?
Ogni progettista tende ad ibridare situazioni, perché la sua vocazione specifica è quella di creare del nuovo. È una situazione e un mondo che indaghiamo in tanti:
l’atteggiamento sta nel cogliere del valore da cose apparentemente distanti e introdurli nel progetto. I progetti sono dei ponti tra realtà differenti, il designer è un gettaponte, il suo lavoro è quello di creare collegamenti tra mondi distanti, e quei collegamenti sono una situazione nuova che non è altro che l’intermezzo tra l’una e l’altra.
Quale posto occupa l’ibridazione nella progettazione?
Un posto specifico tra soluzione generica e iperspecializzazione, tra originalità e progetto anonimo: la situazione ibrida è l’area grigia che c’è nel mezzo a queste due tendenze estreme. È la parte, a mio avviso, più interessante di quello che sta avvenendo ora nel mondo del progetto.
Cosa intende per “ibridazione come area grigia”?
Anche il colore grigio purtroppo ha spesso una connotazione negativa, ma per me non è così. Il grigio nasce dalla combinazione dei tre colori primari. È un colore molto interessante, perché lì ci sta dentro tutto, perché tutti noi oggi ci muoviamo in una situazione ibrida, non definita, lo siamo quasi per vocazione nostra e contemporanea.
Qual è stata l’esperienza dell’ibrido in un oggetto famoso come Moscardino, progettato nel 1999?
Io e Matteo Ragni eravamo stati investiti da un brief di progetto che prevedeva di studiare un oggetto per consumare i cibi durante gli aperitivi, che in quegli anni si stavano diffondendo come nuovo fenomeno e stile di incontro. Servivano strumenti agili e veloci che occupassero poco spazio, e servissero per consumare alcuni cibi in piedi. Cercavamo nel progetto di ibridare la forchetta con il cucchiaio e alla fine Moscardino è stato il risultato.
Ovviamente l’ibrido mostra anche dei limiti: quante critiche ho ricevuto da chi mi diceva: “ma se lo si usa prima come cucchiaio e poi come forchetta ci si sporca le mani…”
E ora l’ultimo progetto per Moleskine, come è cambiato qui il tema dell’ibridazione?
Moleskine è fondamentalmente un oggetto di carta, in un mondo in cui la dimensione digitale è sempre più importante.
Nel progettare questo oggetto mi sono calato nella dimensione ibrida che viviamo oggi tutti noi, tra analogico e digitale. Dovevamo arrivare a trovare un trade d’union tra lo smartphone e l’agenda e così è nato Paper Tablet. Una Moleskine particolare, con gli angoli arrotondati che quando è stata mostrata nella custodia tutti hanno pensato pensato fosse un oggetto digitale. E invece è un libro, per cui abbiamo anche brevettato un sistema di stondamento di lavorazione del fianco del taccuino.
Perché questa scelta di una ricerca di ibridazione tra analogico e digitale?
Volevo trasmettere la potenzialità di questo taccuino, portatore di qualcosa altro rispetto alla semplice scrittura. Infatti si può collegare ad uno smartphone, di cui richiama la forma archetipica: così si può scrivere e disegnare con la penna per poi caricare e condividere sullo smartphone la stessa pagina. È un gioco basato sull’equivoco.
Nella sua presentazione alla tavola rotonda Office Design Ibrido ha parlato di designer come “spostati”. Cosa intende?
Tutti noi viviamo una dimensione un po’ spostata, cioè non sappiamo mai bene identificare cosa facciamo, il nostro lavoro è diventato ibrido, come gli spazi dove si lavora e così gli oggetti, che richiedono sempre più una fruibilità e una elasticità di funzionalità libera. Tutta la nostra vita si presta a questo tipo di flessibilità in cui stiamo bene, senza più bisogno di spazi codificati e ruoli identificativi, ma dove ci piace cambiare e circondarci di oggetti che non hanno più una specializzazione precisa. Mi piace pensare in questi termini: meno iperspecializzazione, più libertà e fruibilità. Credo che in questo mondo fruibile e flessibile uno spostato come me ci sta bene.
Testo a cura di Gabriele Masi.
Didascalie:
1. Moscardino, Giulio Iacchetti e Matteo Ragni, Pandora Design. 2000
2. Rolo, Giulio Iacchetti, Internoitaliano. 2013
3. Surf-o-Morph, Giulio Iacchetti, project assistant Mario Scairato, Surfer’s Den. 2014
4. Siptel, Giulio Iacchetti, project assistant Alessandro Stabile Fontana Arte. 2015
5. Bard, Giulio Iacchetti, Internoitaliano. 2014. Photo Credits: Fabrizia Parisi
6. Newcastle, Giulio Iacchetti, project assistant Alessandro Stabile, Meritalia. 2013
7. Ora In / Ora out, Giulio Iacchetti, project assistant Alessandro Stabile e Mario Scairato, Alessi. 2015 Photo Credits: Alessandro Milani e Matteo Imbriani.
8. Paper Tablet, Giulio Iacchetti, Project Assistant Alessandro Stabile, Moleskine. 2016