
Intervista esclusiva con Marco Susani, autore con Defne Koz dell’innovativo progetto OfficeNext.
Defne Koz e Marco Susani sono partners e co-fondatori di Koz Susani Design con sede a Chicago. In questo incontro ci parlano in anteprima esclusiva del sorprendente progetto OfficeNext, e anche di nuove visioni, ispirazioni ed esplorazioni inedite nel mondo dell’ambiente di lavoro.
Negli ultimi anni hai lavorato, in Motorola, su Interaction Design, soprattutto per telefoni e tablet. Qual è il collegamento tra quell’esperienza e il progetto OfficeNext?
Questo non è un progetto di interaction design, piuttosto è una riflessione sul futuro degli spazi e degli arredi per ufficio. Però è fortemente ispirato dal fatto che nuovi modelli di interazione, ad esempio i touch screen, cambiano il nostro modo di lavorare e la nostra percezione dello spazio. Per esempio, anche se il mitico paperless office non è mai arrivato, il nostro modo di interagire con una tablet è in un certo senso ‘paperless’, e gli spazi di lavoro potrebbero tranquillamente diventare ‘deskless’ perché i desktop computer sono quasi estinti. Allora, cosa serve per lavorare dopo che abbiamo eliminato tutte le cose che non hanno più senso? La prima considerazione è che, mentre tutti gli strumenti per lavorare sono diventati mobili e wireless, lo spazio di lavoro è ancora statico. Pochi spazi di lavoro approfittano della flessibilità che questi strumenti offrono. Quindi abbiamo cominciato a ragionare su spazi flessibili e riconfigurabili.
E avete cominciato dalle sedie?
Sì. L’ispirazione delle poltrone è venuta dal ricordo della ‘ricerca della comodità in una sedia scomoda’ di Bruno Munari, che mostrava provocatoriamente come ci siano infiniti modi di usare una poltrona, a parte la posizione per cui era stata disegnata. Quell’opera è diventata la metafora per lo spazio di lavoro che volevamo costruire. Abbiamo disegnato poltrone su cui ci si può sedere – e stravaccare – in mille modi. Poi quelle poltrone si sono trasformate in blocchi stile-Lego, da usare per definire spazi, creare luoghi protetti, e perfino innalzare muri. Da lì, abbiamo immaginato spazi che potessero essere riconfigurati per usi diversi, come la scena di un teatro. Quelle poltrone, che hanno ripiani per tablet o carte, quasi bastano per definire il luogo di lavoro. Abbiamo aggiunto solo degli schermi touch screen – grandi e piccoli – che permettono di interagire collettivamente con le informazioni, sparsi o raggruppati intorno ai gruppi di poltrone. Forse non serve nient’altro, per lavorare.
Alcuni rendering del progetto OfficeNext di Koz Susani Design.
Con questo progetto tornate all’idea che il lavoro debba avere un luogo specifico, piuttosto che avvenire ovunque, da casa o da qualunque terzo-spazio, come un bar o un aeroporto?
Personalmente sono cresciuto nella cultura dell’ufficio-non-ufficio, che rifiutava gli stereotipi dei cubicle e degli uffici chiusi, ma credo che anche le alternative che una volta erano innovative, come lavorare da casa, o in viaggio, o in un loft, siano oggi poco interessanti. Paradossalmente, adesso che possiamo lavorare davvero dovunque, questo ‘dovunque’ non basta più, trovo più interessante ritrovare qualcosa di specifico che possa stimolare le prossime innovazioni. In qualche modo la mostra di Jean Nouvel al Salone di Milano, che riproponeva modelli come il lavoro da casa o in loft, suona più come la definizione di ulteriori stereotipi piuttosto che un’apertura verso il futuro. Sono sicuro che lavorare più profondamente sui nuovi modelli di lavoro, collettivo e individuale, può portare a nuovi modelli abitativi e di lavoro.
L’ispirazione viene dalla tecnologia?
Non proprio, o almeno non direttamente. Alla fine, dopo anni di tentativi, la tecnologia ha cancellato la presenza fisica delle ‘macchine’ nell’ufficio, e questo non può essere che positivo, ma non è necessariamente un’ispirazione. La cosa interessante è il ‘potere d’attrazione’ che hanno questi strumenti, la loro capacità di catalizzare collaborazioni e di suggerire interazioni. Non è tanto una questione di tecnologia, ma di dare forma alle relazioni, che siano fra strumenti e persone o fra persone e altre persone, mediate da questi strumenti. Questo è il vero stimolo per il nostro progetto: il primo passo, design del sistema di poltrone, è quasi maturo per diventare un vero prodotto, ma il nostro lavoro di ricerca continua su altri fronti. Adesso per esempio stiamo lavorando sull’uso collettivo dei touch screen, che è ben lontano da una soluzione. Abbiamo toccato con mano il problema in due progetti paralleli, uno sull’uso di più tablet davanti a uno schermo TV, l’altro sull’uso di più tablet nelle mani di agenti e clienti all’interno di una banca. Anche le interfacce meglio disegnate non tengono conto di questo uso collettivo, e dello spazio e dei mobili che possono supportarlo al meglio. Questa è la nostra prossima esplorazione.
Alcuni schizzi esplicativi del progetto OfficeNext di Koz Susani Design.
Defne Koz è una dei design turchi più conosciuti al mondo , nel 2012 è stata proclamata “Designer of the Year” per la Turchia da Elle Decoration. Ha studiato a Milano alla Domus Academy e ha iniziato la sua carriera professionale con il guro Ettore Sottsass. È autrice di alcuni pezzi bestseller per Alessi, Fontana Arte, Foscarini, Leucos in Italia; per Vitra, Nurus, Lipton, Megaron eGaia&Gino in Turchia.
Marco Susani è un visionario del design che ha ampliato la cultura del design italiano in nuovi settori come Interaction Design e Strategic Design. Ha iniziato la sua carriera a Milano con Ettore Sottsass lavorando per Olivetti, Sottsass Associati e Domus Academy; si è trasferito in USA per creare Motorola Advanced Concept Group e in seguito è diventato Motorola’s Global Vice President of Digital Design.