
Una dozzina di selezionati professionisti – architetti, project e facility manager- si sono incontrati per discutere le problematiche più frequenti inerenti il tema del comfort acustico nel workplace e, in una situazione assolutamente conviviale e informale, hanno condiviso le proprie esperienze e competenze.
In questo articolo sintetizziamo le osservazioni emerse nel corso del Learn & Lunch organizzato da WOW! e ospitato nella sede di V.I.V.A. Consulting.
Il fondatore Ezio Rendina, ingegnere acustico con 30 anni di esperienza, ha fornito interessanti spunti progettuali che saranno approfonditi in articoli specifici di prossima pubblicazione.
Dato il successo dell’iniziativa, è già stato programmato il prossimo Learn & Lunch sul tema acustica: 7 novembre 2019.
Chi fosse interessato a partecipare può inviare la richiesta a info@wow-webmagazine.com
Eccoci raccolti intorno a un tavolo per un light lunch molto particolare: si prendono appunti con il pennarello su una “tovaglia-lavagna”, si affrontano scherzando e in modo amichevole problematiche assai complesse, si dichiarano apertamente le proprie perplessità e si raccontano senza timore del competitor le soluzioni adottate e le best practice.
Il clima conviviale e informale dell’incontro ha certamente facilitato la partecipazione dei professionisti presenti e reso “leggero” anche un tema complesso quale è l’acustica.
Ecco i principali temi emersi.
Tutti i presenti concordano sul fatto che il comfort o discomfort acustico può influire -positivamente o negativamente- sulle attività lavorative, le performance e la produttività.
Opinione condivisa anche da parte dei rispettivi clienti che, mediamente, hanno un livello di sensibilità piuttosto alto nei confronti dell’acustica.
Dunque i problemi legati al comfort acustico sono risolti?
Parrebbe di no, in contraddizione con la consapevolezza dell’importanza del comfort acustico, alcuni tra gli studi di architettura e project management presenti ammettono di non avere ancora risolto in modo ottimale questo aspetto nei propri ambienti di lavoro e anche i facility manager non sono del tutto soddisfatti delle condizioni acustiche in azienda.
La tipologia in open space degli ambienti lavorativi (soluzione dettata non solo dall’uso più efficiente dello spazio, ma anche dalla necessità di stimolare la collaborazione dei dipendenti) genera rumore e conseguente fastidio, calo dell’attenzione, difficoltà di concentrazione.
I dati presentati da ing Rendina e basati su evidenze scientifiche sono preoccupanti. Uno studio su una vasta popolazione scolastica del Regno Unito, trasferibile anche ai lavoratori in open space, ha dimostrato tra l’altro che un aumento di 10dB del rumore di fondo corrisponde in media a una riduzione del 5-7% del rendimento.
Nonostante l’insoddisfazione di base, solo raramente i progettisti si rivolgono a un ingegnere acustico.
Una figura professionale che talvolta viene considerata “superflua” dai clienti del settore workplace. Al contrario nel settore alberghiero, residenziale di lusso, retail e ovviamente nelle sale da teatro e concerto, il ruolo dello specialista acustico è considerato essenziale perché direttamente legato al business.
Si condivide invece l’opinione che il benessere dei dipendenti – che rappresentano il costo maggiore delle aziende- sia strettamente legato al business anche nell’office design.
E non è un caso che l’acustica sia anche uno degli elementi presi in considerazione dalla certificazione WELL per l’attribuzione di crediti al building.

Allora perché l’acustica è trascurata nel progetto architettonico oppure è presa in considerazione nella fase finale, quando può solo correggere errori palesi?
In parte c’è il timore latente che l’ingegnere acustico possa limitare la creatività dell’architetto oppure proporre soluzioni tecniche che non tengono in considerazione l’estetica.
Su questo punto l’ing Rendina tranquillizza i presenti portando come esempio il suo intervento in un caso “estremo”: gli iconici building della Fondazione Feltrinelli progettati da Herzog & De Meuron.
Anche se architettonicamente innovativi ed esteticamente affascinanti, gli edifici- con struttura in cemento a vista, pareti inclinate totalmente vetrate, rifiuto di uso della moquette – generavano forti problemi di acustica, ma i progettisti rifiutavano qualsiasi intervento “visibile” che offendesse la purezza della struttura… Che fare?
Rendina spiega come è riuscito a rendere la situazione decisamente migliore, anche se non perfetta intervenendo sulla tipologia di tessuto per le tende (in modo da gestire le frequenze più alte), sulla elasticità delle guarnizioni della vetro camera delle finestre (in modo da farle lavorare come pannelli vibranti e gestire le medie frequenze) e creando in parte delle finte librerie che in realtà celavano dei risuonatori di Helmholtz (per gestire le frequenze più basse).
Per risolvere le problematiche acustiche, in linea di massima, i presenti dichiarano di rivolgersi alle aziende che producono prodotti e soluzioni acustiche e insieme forniscono gratuitamente il progetto.
Rendina fa presente però che, anche quando le aziende operano con la massima professionalità, lo scopo finale è quello di vendere i loro prodotti; difficilmente quindi producono un progetto dove si assumono la responsabilità dei valori acustici attesi.
“Nei casi meno professionali, mi è capitato di dover intervenire in situazioni dove l’eccesso di fonoassorbenza era addirittura causa di discomfort acustico!
Agli addetti ai lavori è infatti ben noto che ‘non si ode solo con le orecchie ma anche con gli occhi’: in altri termini quando noi entriamo in un ambiente, lo vediamo e ci aspettiamo, inconsapevolmente, un certo Tempo di Riverbero, ovvero un certo andamento della eco alle diverse frequenze che possiamo udire. Se questo non si realizza si prova una sensazione di disagio.
Il progetto acustico, solitamente finalizzato a migliorare l’intellegibilità del parlato e valorizzare la percezione dell’ascolto (per esempio nel caso di teatri o concert hall) al contrario, nel caso dell’ufficio open space ha il compito di ridurre il rumore presente nell’ambiente e creare “isole acustiche” che garantiscano privacy e concentrazione.
Questa considerazione rivela un’altra opinione falsa: spesso il comfort acustico è confuso con la fonoassorbenza.
A conferma, i presenti dichiarano che la prima soluzione acustica che adottano nel progetto di uffici open space è l’adozione di materiali e pannelli fonoassorbenti.

Rendina spiega invece che il problema del rumore in open space può essere al contrario risolto brillantemente “gestendo” il rumore anziché assorbendolo.
Ovvero, sapendo che un ottimo fonoassorbimento potrà al massimo abbattere di 3 dB(A) la pressione sonora interna all’open space, è chiaro che non è possibile trovare lì la soluzione. Le procedure di calcolo elettronico consentono di gestire a piacimento le varie frequenze, quindi è possibile “impastare” le frequenze centrali del parlato in modo da rendere meno intelleggibili le parole pronunciate anche a soli pochi metri di distanza dai colleghi impegnati in altre conversazioni.

A questo punto si è cercato di affrontare le diverse problematiche, individuando alcune tra le soluzioni più comuni.
Innanzitutto isolare da possibili rumori provenienti dall’esterno.
Le cuffie fonoisolanti, diffuse nei call center e nelle redazioni, sono meno tollerate negli uffici dove creano un senso di isolamento.
Pannelli e schermi fonoassorbenti di ogni forma e dimensione, da usare con moderazione e nei punti giusti.
Office pod e phone booth che recentemente si stanno diffondendo in modo esponenziale e permettono di creare aree di privacy anche quando non è possibile delimitare un locale chiuso vero e proprio.
I cosiddetti condizionatori acustici sono un’idea che viene dagli USA. Si tratta di altoparlanti che emettono suoni naturali, tipicamente quello dello scorrere dell’acqua, per creare un rumore di fondo che copra il parlato. In realtà si tratta di un ulteriore incremento della pressione sonora esistente nell’ufficio con tutte le ripercussioni negative del caso.
L’utilizzo di moquette, rimedio sempre valido per ridurre il rumore di calpestio ed evitare riflessione sonora a pavimento.
Talvolta le aziende messe di fronte a questi possibili rimedi rifiutano di adottarli, non tanto per un motivo economico, ma soprattutto perché non li considerano esteticamente validi o perché le controindicazioni potrebbero superare i benefici.
Per esempio ci sono molti pregiudizi sulla moquette che in alcuni casi viene rifiutata dagli organi sindacali.
Oppure gli office pod vengono talvolta considerati troppo claustrofobici ma solo perché il tempo di riverbero interno è sbagliato poiché, per il resto, sono quasi completamente trasparenti e, ovviamente, godono di ricambio dell’aria.
Oltre alle più diffuse soluzioni elencate , molte altre se ne possono trovare, ma solo con la preparazione scientifica, la competenza e la specializzazione di un professionista dell’acustica.
Report a cura di Renata Sias
Ringraziamo l’ing Ezio Rendina e i professionisti che hanno preso parte al Learn & Lunch Acustica:
Paolo Primo Stancari
Senior Project Manager ISS Facility Services
Franco Mialich
Project manager MCM
arch Gianmarco Bocchiola
Partner Coima
Massimiliano Notarbartolo (con Michela Grosso)
CEO Progetto CMR design& Build
Eleonora Prassino
Arch. Project Manager, Senior Consultant Project & Development Services Cush Wakefield
Simone Ferrara
Arch. (design& Build) DC10 Studio
Silvia Impelluso
Chartered Surveyor MRics Associate Director, Workplace Strategy, Project & Development Services Department JLL
Andrea Lionetti
Facility Manager Head of Corporate RE & Workplace Services Italy, Zurich
Elena Giugni
arch, MCA Cucinella.