“Le nostre persone sono cambiate, qual è il significato per i processi e per i luoghi?” Questa domanda ha dato il titolo al Webinar di Herman Miller con Rex Miller, autore ed esperto in gestione di risorse umane che proponiamo per la rubrica WOWbinar.
Le nuove sfide poste dalla pandemia richiedono un nuovo tipo di leadership adattiva, in grado non solo di avere un’attitudine improntata alla scoperta di soluzioni che escono dalla comfort-zone, ma anche di comprendere la shadow culture (cultura in ombra) che caratterizza tutte le realtà aziendali.
“Il primo impedimento al cambiamento è la cultura”. Rex Miller, autore di diversi interessanti saggi sul tema dell’office design e management come The Healthy Workplace Nudge e Change Your Space, Change Your Culture, spiega così la difficoltà delle aziende a cambiare i propri modi di lavorare dopo la pandemia.
Esistono due tipi di cultura, entrambi dannosi per il cambiamento: la tradizione manageriale ed aziendale che non riesce ad innovarsi (come nel famoso caso di studio della Kodak e dei rullini delle macchine fotografiche); e la “shadow culture”, cioè “tutto ciò che succede quando il manager non guarda”. Per quanto la parola shadow possa avere una connotazione negativa nell’immaginario, con essa Rex Miller indica i diversi comportamenti e network di fiducia, collaborazioni e comunicazioni dei dipendenti che sfuggono alle capacità osservative del management. Possiamo dire che la “shadow culture” è l’altro lato della medaglia di quella “informalità” spesso esaltata come fonte di nuovi incontri, idee ed ibridazioni, ma che può essere anche una fonte di resistenza al cambiamento.
Il tema della comprensione e della messa in luce della shadow culture è determinante nelle future ways of working e del lavoro ibrido, dove i diversi spazi e tempi di svolgimento del lavoro moltiplicano spesso i “punti ciechi” nell’osservazione delle dinamiche lavorative. Come fare dunque a comprendere e a fare in modo che questa nuova informalità diventi un’occasione di sviluppo e non di resistenza?
Durante il webinar di Herman Miller, Rex Miller ha indicato come chiave di tutto un nuovo tipo di leadership meno direttiva e più incentrata sullo sviluppo delle persone. Il modello è quello del coach, dell’allenatore, che si domanda “come faccio a farli migliorare senza farli andare in burnout?”
L’allenatore modella il suo team in base a quello che il team stesso decide sia il suo proprio bene, evitando però due trappole opposte: cedere, lasciando fare alle persone quello che vogliono, o inasprire troppo i controlli.
Dall’altra parte, lo spazio ufficio può ancora giocare un ruolo determinante. Il modello in questo caso è quello del settore dell’accoglienza alberghiera. Tre sono le tipologie di ambiente da implementare: touchpoints, friction points e engagent points.
I touchpoint sono soprattutto gli spazi secondari che ci aiutano a decomprimere lo stress delle giornate di lavoro: “la possibilità di recupero è un fattore fondamentale per la resilienza”.
All’opposto, bisogna individuare all’interno dell’azienda i friction points, cioè i punti dove lo stress può essere generato, come ad esempio i sistemi di accesso agli edifici: “si può lavorare ad esempio sulle capacità empatiche delle guardie di sicurezza rendendole, per esempio, capaci di leggere il linguaggio del corpo per relazionarsi al meglio con le persone che arrivano in ufficio”.
Infine, gli engagement points sono quelli che vengono usati per creare coinvolgimento, divertimento ed aumentare il senso di appartenenza.
La modellazione dello spazio per rispondere alle sempre nuove esigenze del futuro workplace, però, non rientra più nella categoria dei problemi complessi per i quali avevamo una soluzione tecnica o per i quali bastava la visione di un manager illuminato. Bisogna aprirsi a problemi che trovano una soluzione solo attraverso la ricerca della cultura e della tecnologia interne ed esterne all’azienda, mettendo particolare attenzione a quelli che potrebbero diventare i cardini delle future svolte tecnologiche e sociali. Ciò presuppone una modalità operativa basata su sperimentazione e prototipi, su soluzioni adatte e adattate, ma sempre aperte al cambiamento in caso di esigenza.
Il tutto con un approccio psicologico positivo: “dobbiamo utilizzare la forza delle nostre persone, non sottolinearne le debolezze”.
Testo di Gabriele Masi.