
Dopo la pausa imposta dalla pandemia, gli Human Resource Manager scoprono un mercato completamente mutato e cercano nuove strade per l’employer branding, per attrarre nuovi talenti e anche per motivare i dipendenti a tornare in ufficio.
La ricerca svolta dall’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano dimostra che il fenomeno delle Great Resignations interessa anche l’Italia: il 45% degli occupati dichiara di aver cambiato lavoro nell’ultimo anno o di avere intenzione di farlo nei prossimi 18 mesi.
Le motivazioni non riguardano solo gli aspetti economici, ma anche la ricerca del benessere psicofisico. E la qualità e il comfort dell’ufficio hanno un nuovo peso.
La pandemia sembra avere cambiato le aspettative delle persone, abbassato la soglia di tolleranza e generato la necessità di dare spazio alla propria crescita, di dare un senso al lavoro.
La pandemia ha contribuito a rendere più urgenti alcune sfide, come lo sviluppo di competenze e professionalità digitali e la centralità della persona. Non a caso tra i temi più dibattuti dell’ultimo periodo troviamo il fenomeno delle grandi dimissioni e l’aumento del burnout.
I dati della ricerca di Osservatorio HR Innovation Practice, presentati in un convegno al PoliMi, rivelano un mondo del lavoro completamente cambiato e la necessità di dare risposte alle domande esistenziali che le persone si pongono. Il tema è dunque trovare un equilibrio perduto e “Riconquistare le persone ai tempi delle Grandi Dimissioni”.
Alle motivazioni più ovvie delle Grandi Dimissioni come i benefici economici (46%) si affiancano oggi nuove esigenze quali l’opportunità di carriera (35%), la salute fisica/mentale (24%), il desiderio di assecondare passioni personali (18%) o una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro (18%).
Del 45% che si è licenziato, il 25% lo ha fatto senza un’altra offerta di lavoro al momento delle dimissioni; e i numeri crescono per i giovani tra 18 e 30 anni, nei settori ICT, Servizi e Finance e per le professionalità digitali.
Analizzando le tre dimensioni del benessere lavorativo (fisica, sociale e psicologica), solo il 9% degli occupati dichiara di stare bene in tutte e tre.
L’aspetto più critico è quello psicologico: 4 su 10 hanno avuto almeno un’assenza nell’ultimo anno per malessere emotivo.
Eppure solo il 4% delle aziende ha consapevolezza del ruolo importante che riveste il benessere. Anche se il 44% delle aziende dichiara che la propria capacità di attrarre candidati è notevolmente diminuita e nel 2021.
“Le dimissioni in Italia sono lo specchio di due fenomeni correlati: il crescente malessere dei lavoratori, spesso non adeguatamente identificato dalle organizzazioni, e la volontà di dare un nuovo significato al lavoro, per cui molte persone oggi cambiano anche a condizioni economiche inferiori, per seguire passioni e interessi personali o conseguire maggiore flessibilità. Di minor rilievo, rispetto a quanto documentato in altri Paesi come gli USA, è invece il desiderio di abbandonare del tutto il mondo del lavoro, indicato in Italia come ragione di possibili dimissioni solo dal 6% dei lavoratori. In questo quadro che sta mettendo in crisi il mercato del lavoro e i tradizionali modelli organizzativi è fondamentale il ruolo della Direzione HR, a cui si richiede una funzione guida per portare l’organizzazione a un modello di lavoro “sostenibile”, che metta al centro il benessere dei lavoratori, il loro coinvolgimento e la loro impiegabilità”, spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice.
Nuovi paradigmi per le Direzioni HR.
L’utilizzo della leva tecnologica e dei dati per la presa di decisioni è fondamentale per l’evoluzione della Direzione HR. Continuano infatti a crescere gli investimenti in digitale (+5%) a supporto delle iniziative HR.
Ma molti spunti di riflessione e indicazioni sono emersi dagli interventi dei panelist al convegno.
Come osserva Marco Bentivogli (Coordinatore Nazionale, Base Italia) “il Digitale è un elemento abilitante, ma non è sufficiente per dare un senso, un valore al lavoro”.
La strada è puntare sulla persona, da tempo ci ripetiamo che il personale non è una voce di costo, ma una risorsa. Il work-life balance non è più sufficiente. La sfida per gli HR è quindi usare le stesse logiche che si usano per attrarre clienti anche per attrarre e ingaggiare i dipendenti.
Prende il nome di “Connected People Care“, l’approccio alla gestione del capitale umano sempre più orientato alle esigenze specifiche di ogni persona, capace di far leva sull’utilizzo di nuovi canali di relazione e di strumenti che raccolgono ed elaborano una moltitudine di dati provenienti da diverse fonti.
Chiara Bisconti (Docente MIP, HR e autrice tra l’altro del libro “Smart, Agili e Felici”) osserva che la pandemia ha segnato una frattura nella storia del lavoro, ha messo in discussione il modello patriarcale e stili management consolidati. Invita a usare approcci basati sulla gentilezza e sulla disponibilità per costruire insieme nuove strade.
Luba Manolova (Direttore della Divisione Microsoft 365) conferma che molti dipendenti non sono ancora pronti per tornare in ufficio e da una ricerca interna risulta che il 54% dei dipendenti ha cambiato i propri valori e mette il benessere al primo posto.
Mauro Magni (Senior Transformation Consultant, CoachHub) sostiene che bisogna lavorare sulla resilienza per aumentare il benessere e parla di coaching e stress management come di strumenti utili anche in termini di engagement e attrattività.
Chiara Bacilieri (Head of Data, Lifeed) sottolinea che anche la formazione non può più essere quella tradizionale e che va data più importanza al “Talento diffuso” a quello che siamo fuori dal lavoro. Le esperienze e i luoghi extralavorativi devono essere considerati delle potenzialità e arricchire l’azienda perchè le persone cercano modi sempre più creativi per stare al lavoro.
L’importanza del workplace.
Praticamente tutti gli speaker hanno evidenziato il valore dell’ufficio come strumento di lavoro e della necessità di riadattarlo al contesto ibrido.
Ripensare gli spazi è uno degli elementi per attrarre, non solo perchè un luogo confortevole è importante per il 15% delle persone, ma soprattutto perchè lo spazio ha un grande potere evocativo.
Non si tratta quindi di renderlo solo più accogliente ma di ripensarlo in base alle attività, in modo da renderlo strumento per stimolare la condivisione.
I dati raccolti mettono in discussione anche quello che sembrava essere un paradigma consolidato (si resta a casa per le attività di concentrazione e si va in ufficio per condividere e lavorare in gruppo): in realtà dalla ricerca interna di Microsoft emerge la stessa percentuale tra chi preferisce restare a casa per concentrarsi e chi invece per concentrarsi va in ufficio.
L’ esperienza delle persone è estremamente importante e va tenuta in considerazione per rendere l’ufficio sempre più attrattivo.
HR Innovation Award
A conclusione del convegno sono stati consegnati gli HR Innovation Award alle organizzazioni che si sono distinte per la capacità di utilizzare le tecnologie digitali come leva di innovazione e miglioramento dei principali processi di gestione e sviluppo delle risorse umane.
Le testimonianze riportate dalle aziende che hanno meritato i premi nelle diverse categorie esprimono nuove logiche, offrono spunti di riflessione e modelli di riferimento per affrontare il nuovo contesto di lavoro ibrido.
Anche se ognuno deve cercare la propria strada perché “il mondo cambia e non ci sono istruzioni”.
Testo a cura di Renata Sias