Uno dei problemi principali del ritorno in ufficio sarà la mancanza di fiducia verso il comportamento dei colleghi, percepito spesso come minaccia e fattore di paura e ansie. Questo è quello che emerge dall’inchiesta “Uffici e luoghi di lavoro: tra lavoro da remoto, smart working e Covid-19” realizzato da Progetto CMR in collaborazione con Copernico. Come aiutare i dipendenti ad affrontare questa paura? Un’idea viene dalla scienze comportamentali: il nudging.
Dal questionario che progetto CMR e Copernico hanno somministrato a più di 7.000 persone emerge un appello chiaro: non bisogna solo chiedersi come rendere sicuri gli spazi, ma bisogna parlare soprattutto delle persone e delle loro paure e sentimenti che impediscono un ritorno sereno nel contesto dell’ufficio. Il 61% degli intervistati, infatti, teme il comportamento dei colleghi come fattore di insicurezza, contro il 30% che vede i rischi di una non adeguata sanificazione.
Quale può essere la soluzione?
Le scienze comportamentali, ormai da diversi anni, propongono come metodo “educativo” per favorire i comportamenti virtuosi il “Nudging” o “paternalismo libertario”. Lo scopo è quello di agire sulla “prevedibile irrazionalità” che caratterizza e guida ciascun comportamento umano, per favorire “spontaneamente” l’affermazione di comportamenti ritenuti socialmente ottimali.
In questa prospettiva il contesto svolge non solo il valore di rinforzo positivo, ma anche di stimolo per disinnescare alcune barriere comportamentali che vengono ritenute sbagliate.
Il valore simbolico del design e una comunicazione chiara ed efficace diventano così il mezzo per favorire comportamenti positivi rafforzando la fiducia tra i colleghi e diminuendone le reciproche paure.
Ma che cos’è il nudging?
Esempi di “nudging” si trovano ormai in diversi contesti, dall’educazione scolastica, fino alle politiche di policy nazionali.
L’utilizzo del cashback di Natale, lanciato dal governo italiano per chi usa la carta di credito o le app di pagamento, è un esempio di nudging per stimolare quello che viene considerato come un “comportamento virtuoso”: il non utilizzo del contante. Dall’altra parte, nelle mense, fornire piatti più piccoli aiuta a “mangiare di meno”, come anche esporre in luoghi strategici della frutta favorisce uno “spontaneo” consumo di essa. Così come aggiungere un disegno di una mosca all’interno di un orinatoio, si è dimostrato efficace nell’aiutare gli uomini a centrare la tazza.
Negli ultimi anni il paternalismo libertario è entrato nel workplace anche se, a volte, non ce ne siamo accorti: gli open space, le creazioni delle aree in between, la brand-identity e le scritte motivazionali sulle pareti sono buoni esempi di nudging, in quanto miravano ad ottenere da parte dei dipendenti dei comportamenti considerati come necessari per accrescere la produttività, senza imporli, ma agendo sul contesto.
Oggi i nudge più utilizzati sono i dispenser di sapone, i percorsi creati dagli arredi, e le scritte che ricordano le norme igienico-sanitarie da seguire. La sfida per ogni HR manager è, però, quella di cercare altre piccole soluzioni su misura per la propria azienda per fare in modo di “guidare” i dipendenti in questa transizione lavorativa, intervenendo anche sul diffuso sentimento di insicurezza e paura.
Nudge per modificare i comportamenti con “gentilezza”.
Un nudge è, dunque, uno strumento che, senza limitare la libertà di azione di un individuo, permette di modificare “in meglio” il suo comportamento in modo prevedibile, grazie a dei costanti “pungoli”. Il nudging, infatti, non prevede un intervento deciso e autoritario, ma mira a migliorare e a raggiungere gli obiettivi una “spintarella” alla volta.
In conclusione, il nudging riguarda situazioni di scelte individuali che possono produrre effetti collaterali negativi o indesiderati (come il sentimento diffuso di paura del comportamento dei colleghi), mira ad “accompagnare” le persone verso la scelta migliore senza limitare la libertà, e agisce principalmente sul contesto, accettando un certo sperimentalismo ed una inevitabile entropia.
Testo di Gabriele Masi.
Immagini dalla Presentazione “Tutta questione di (S)fiducia” di Gruppo Progetto CMR.