Nonostante il “vuoto legislativo”, in Italia quasi il 50% delle grandi aziende ha adottato iniziative tese a creare maggiore flessibilità (policy su orari e spazi di lavoro, dotazione tecnologica, revisione layout degli uffici, interventi sugli stili di leadership). Aumentano al 17 % le grandi imprese che hanno attivato progetti strutturati di Smart Working (rispetto all’8% del 2014).
A queste si aggiunge il 14% di grandi imprese che si apprestano ad avviare progetti in futuro e un altro 17% che hanno avviato iniziative di flessibilità rivolte a particolari ruoli o esigenze delle persone. E cresce l’interesse verso i coworking. Limitato invece al 5% l’interesse delle piccole imprese.
Non si tratta di una moda, ma di un cambiamento culturale che richiede un percorso lungo e profondo di evoluzione. “Significa andare oltre l’introduzione di singoli strumenti e creare un’organizzazione orientata ai risultati, fondata su fiducia, responsabilizzazione, flessibilità̀ e collaborazione” spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working.
Nel convegno dal titolo “Smart Working: scopriamo le carte!” presso il Centro Servizi della Banca Popolare di Milano, sono stati presentati di risultati della ricerca 2015 dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), realizzata attraverso il confronto diretto con oltre 240 organizzazioni pubbliche e private.
Le testimonianze appassionate di chi ha raccontato il proprio percorso nei case study, molto diversi tra loro, dimostrano che non esiste un’unica ricetta di smart working, come spiega Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working “…è necessario considerare innanzitutto le proprie specificità̀ interne e cercare una coerenza con gli obiettivi e la strategia di business, per poi trovare equilibri che vanno incontro alle esigenze e alle aspirazioni delle persone, sfruttando al meglio le opportunità̀ dei nuovi strumenti digitali. Servono la condivisione dei lavoratori rispetto a strategia, valori, obiettivi e performance, un nuovo approccio dei manager che da “controllori” diventino leader degli obiettivi, il supporto alle persone per decidere autonomamente le modalità̀ con cui svolgere le proprie attività̀”.
L’iniziativa è ancora più lodevole quando l’adozione di nuovi modelli lavorativi viene accolta nella Pubblica Amministrazione, come nel caso del Comune di Genova che, dopo avere aderito all’iniziativa del Comune di Milano “Giornata del Lavoro Agile” ha deciso di ampliare il progetto con azioni di sensibilizzazione del personale ed erogando corsi di formazione per fornire linee guida per promuovere una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro; “questo ha portato ad un maggior coinvolgimento e motivazione del gruppo dirigente” come ha spiegato Isabella Lanzone, Assessore al Personale del Comune di Genova.
Più volte si è tornati sul tema della resistenza del middle management, Philip Vanhoutte di Plantronics –autore del Manifesto dello Smart Working– dichiara che è indispensabile che i manager tornino a scuola per imparare gli strumenti delle nuove modalità di leadership.Mentre Filippo Muzi Falconi di Methodos parla della necessità di una certificazione di Smart Leadership.
Analizzando i progetti già avviati si scopre che il promotore del progetto è nella quasi totalità dei casi (il 91%) il top management. Mentre i “project leader” delle iniziative si trovano solitamente all’interno delle funzioni HR e IT (rispettivamente nel 71% e nel 37% dei casi). Ad essere coinvolte nella gestione del progetto (oltre all’IT stesso) sono spesso anche il Facility management e le rappresentanze sindacali.
Manca la normativa.
Dopo tanto entusiasmo è stata una vera doccia fredda l’intervento di Antonio Traficante, Direttore Regionale, INAIL Lombardia; dopo aver sottolineato che il “dominio del rischio” è a carico del datore di lavoro anche in caso di Smart Working, ha ribadito la necessità ma anche la difficoltà di normare ciò che al momento non è normato. Cosa è l’infortunio sul lavoro se il lavoro si svolge dovunque?
Sollevano però perplessità i criteri estremamente burocratici che andrebbero adottati: obbligo di informare il dipendente sull’aumento dei rischi in caso di Smart Working (un cane può morderti mentre lavoro sulla panchine di un parco o puoi picchiare contro uno spigolo se lavori scalzo a casa…) e di informare puntualmente l’INAIL sui tempi e luoghi dove il dipendente lavora in modalità smart.
E’ evidente che servirebbe anche una legge Smart non così rigida e una norma, già obsoleta, dovrà intervenire per regolare qualcosa che è già in atto.
Il dinamismo è alla base dello Smart Working.
La non rigidità è una parole chiave dello Smart Working, in tutte le sue possibili applicazioni, tra queste anche la necessità di layout di ufficio riconfigurabili impostati secondo i criteri dell’ Activity Based Office, di ambientazioni accoglienti e attente al comfort ambientale ( acustica e illuminazione) e all’ergonomia della postazione di lavoro. Spazi pensati per invogliare le persone al cambiamento. Anche di postura, per esempio con scrivanie regolabili in altezza che hanno ampiamente dimostrato notevoli vantaggi in termini di salute e prevenzione, come ha sottolineato Ernst Holzapfel di Sedus.
Coworking e Smart Working un matrimonio annunciato.
Il 71% dei manager ritiene che il Coworking sia un’opportunità anche per aziende strutturate (il 31% crede si diffonderà come alternativa al lavoro da casa o da altre sedi aziendali, il 40% che sia un’opportunità ma non è convinto che possa diffondersi). Solo il 16% dei manager lo giudica un fenomeno riservato a start up e professionisti.
La relazione tra sviluppo del Coworking e adozione di modelli di lavoro Smart Working appare evidente, eppure ad oggi solo il 36% delle aziende che danno la possibilità̀ di lavorare fuori postazione identifica gli spazi di Coworking come una delle possibili alternative. Le principali barriere all’utilizzo del Coworking da parte dei dipendenti delle aziende riguardano il timore sulla sicurezza dei dati aziendali (individuato dal 58% degli intervistati).
Il 59% dei manager si attende dal Coworking in particolare benefici legati ad uno scambio di conoscenza tra chi usufruisce di questa modalità̀ di lavoro, ma sono rilevanti anche la riduzione dei tempi/costi di spostamenti casa-ufficio e la riduzione del senso di isolamento per l’utilizzo eccessivo dell’home working.
Smart Working Award
Tra i finalisti dello Smart Working Award 2015 (ABB Italia per il progetto “Lavoro Agile @ABB”, Banca Intesa Sanpaolo per il progetto “Lavoro Flessibile in Intesa Sanpaolo”, BNL – Gruppo BNP Paribas per il progetto “Smart Bank”, L’Oréal Italia per il progetto “Be Smart! Work Smart!” e Siemens per “Siemens Office”) il premio è stato assegnato a Intesa San Paolo e Siemens.
“I progetti finalisti – spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working -, pur partendo da esigenze diverse, si caratterizzano per un comune approccio strategico e strutturato dell’iniziativa che ha visto il coinvolgimento di diverse funzioni aziendali. I progetti hanno tutti intrapreso un percorso di avvicinamento allo Smart Working coerente con le proprie caratteristiche ed obiettivi aziendali e che li porterà ad estendere le iniziative in futuro.”