
Negli ultimi due anni i lavoratori hanno condotto una profonda riflessione su priorità, carriera e obiettivi professionali riportando al centro l’interesse per la sicurezza, il benessere, il coinvolgimento e i valori fondanti della vita.
Molte persone sono state spinte a un cambiamento, come dimostra il boom di dimissioni volontarie che ha preso il nome di Great Resignation
L’ultimo Randstad Workmonitor ha stilato il decalogo delle ragioni principali per cui i lavoratori scelgono di lasciare un’organizzazione: dal clima aziendale alle relazioni professionali, dalla mancanza di prospettive di carriera e di work-life balance all’esigenza di un posto di lavoro più accogliente…
“La forte competizione in atto impone nuove strategie con due obiettivi prioritari per ogni business: attrarre e trattenere le proprie risorse” come spiega Elena Parpaiola, AD di Randstad Italia.
“Purtroppo, solo poche realtà conducono indagini di clima e misurano la soddisfazione dei dipendenti per individuare le ragioni profonde che spingono le persone a restare o abbandonare il proprio lavoro, molto più articolate della semplice offerta economica, per poi mettere in discussione processi consolidati” dichiara Elena Parpaiola, AD di Randstad Italia .
Nell’indagine che individua i 10 motivi delle “grandi dimissioni” spiccano al primo posto le relazioni professionali, mentre le altre motivazioni sono elencate senza ordine di importanza.
1 Relazioni professionali con i colleghi e i responsabili.
Molti lavoratori lasciano un’azienda perchè non soddisfatti dal rapporto con i colleghi di livello pari o superiore. Nel secondo caso, non necessariamente perché il rapporto è conflittuale ma perché non allineato ai bisogni di quel momento.
2. Il contenuto del lavoro.
L’esperienza collettiva degli ultimi anni ha indotto una riflessione sul significato più profondo della vita e del lavoro. Molte persone cambiano posto alla ricerca di un contenuto di lavoro più stimolante e più in linea con le aspettative del ruolo professionale.
3. I valori aziendali.
Sempre più persone, indipendentemente dal ruolo in azienda, non si dicono più disposte a scendere a compromessi tra i valori prioritari per la loro identità personale e quelli dell’organizzazione in cui operano.
4. Lo stipendio.
Se la retribuzione è percepita come insufficiente rispetto al proprio valore, è probabile che un lavoratore sia attratto da offerte migliorative. La leva economica oggi è particolarmente attrattiva per i lavoratori senior, meno per i giovani per cui sono altri i fattori cruciali.
5. Il tempo.
Dal lockdown in poi, la rilevanza del work-life balance è aumentata esponenzialmente e oggi i lavoratori sono meno propensi a sacrificare il tempo libero.
6. Le opportunità di crescita.
Soprattutto i lavoratori più giovani chiedono prospettive di crescita, step professionali, stimoli continui.
7. La specializzazione.
A volte, specie per profili qualificati ad inizio carriera, conta più un’opportunità di specializzazione in un ambito di interesse, per acquisire conoscenza ed esperienza in un ruolo che non l’aumento di livello. La formazione stessa è un elemento di attrazione per i talenti.
8. Il clima e il workplace.
L’esperienza del lockdown, la perdita della relazione di molti luoghi di lavoro e il conseguente senso di smarrimento hanno messo in evidenza l’importanza di un ambiente di lavoro accogliente, positivo e stimolante per alleviare lo stress, favorire la collaborazione e la produttività.
9. Il lavoro da remoto.
Dopo l’esperienza dello smart working pandemico, molti lavoratori ricercano espressamente offerte di lavoro che consentano di svolgere l’attività a distanza, magari da luoghi diversi dagli uffici, con maggiore flessibilità sugli orari e improntati al raggiungimento di obiettivi.
10. Il desiderio di cambiare.
Cambiare il posto di lavoro può significare dare un taglio alla quotidianità, aprirsi a nuove sfide, stravolgere la propria vita per mettersi alla prova con un’avventura che dia un nuovo significato al proprio percorso.