
L’avvio della progettazione della nuova sede centrale di Coca Cola HBC Italia a Sesto San Giovanni (Milano) inizia nel 2013 quando la scadenza del canone di locazione e la necessità di trasferimento diventano l’occasione per analizzare i modi di lavorare delle persone e intraprendere la strada dello smart working. Questo case study è stato raccontato durante il corso che si è svolto presso l’Isola WOW! Lavoro Agile 2016 da Pietro Fiorani, National General Services Manager in Coca Cola HBC, insieme a Alessandro Adamo di DEGW che ha spiegato il metodo progettuale.
I fattori principali del successo di questo case study sono stati la definizione di un percorso chiaro e condiviso con i dipendenti che ha coinvolto fin dalla fase iniziali i progettisti (DEGW) che hanno saputo interpretare i nuovi bisogni per soddisfarli nella configurazione dello spazio fisico.
Lasciare un edificio degli anni ’80, poco efficiente dal punto di vista impiantistico e architettonico, porta quasi sicuramente a un miglioramento, ma Coca Cola, tre anni fa, ha voluto avviare un progetto integrato e articolato chiamato PrISm (acronimo di Productive, Innovative, Smart) partito dalla definizione degli obiettivi, ovvero da ciò che si poteva migliorare grazie al trasferimento in una nuova sede:
il costo di locazione e la produttività,
la qualità degli spazi e l’innovazione;
la fruibilità e l’adozione di modalità di lavoro smart.
Attraverso workshop e attività di condivisione si individuano i temi fondamentali legati al progetto spaziale con la consapevolezza che il workplace è responsabile al 25% del benessere delle persone e per il 5% delle loro performance.
Le domande iniziali sono state: in quale modo vogliamo interpretare e applicare lo smart working? Come dobbiamo cambiare i nostri modi di lavorare? Quale edificio può essere più adatto per la nostra nuova sede?
DEGW, lo studio incaricato di curare il progetto, entra in campo già in questa fase iniziale con l’analisi delle tipologie di edificio più adatte e l’impatto che lo spazio può avere sul benessere delle persone, seguito dalla valutazione delle disponibilità del mercato immobiliare.
Per quanto concerne l’aspetto immobiliare, la scelta è caduta su un edificio multitenant con impianti efficienti e più funzionale rispetto all’utilizzo della superficie disponibile.
La qualità degli spazi ha puntato soprattutto su spazi open space, luce naturale e colori vivaci, ma non invasivi; grande importanza è stata data anche alla corporate image e alla scelta degli arredi (Sedus). Tutti fattori che incidono in modo determinante sulla engagement dei dipendenti, un elemento di grande importanza per Coca Cola.
La fruibilità, altra voce da migliorare, è aumentata grazie all’uso della tecnologia, alla disponibilità di spazi e all’accessibilità dei trasporti pubblici.
Dimensionamento dello spazio.
I dati principali mostrano un aumento dei dipendenti (da 300 a 340), la riduzione di 400 mq di superficie totale (da 3700 a 3300 mq) e di 1 mq di superficie media pro capite ( da 12 a 11 mq). Ma è soprattutto interessante osservare i dimensionanti dello spazio dedicati alle diverse tipologie: Gli uffici individuali chiusi scendono da 596 a 19 mq (con un risparmio di 600 mq) e si riducono di 160 mq anche le postazioni operative in open space (da 1596 a 1409 mq) aumentano pero in modo considerevole (+ 293 mq) le aree di supporto che passano da 1550 a 1846 mq.
Si è scelto di aumentare la qualità ambientale grazie drastica riduzione di uffici chiusi individuali e all’introduzione di meeting room di varie dimensioni, a disposizione oppure prestabilii (anche con iphone) postazioni touch down, phone booth, docce e di cosiddetti “spazi per noi”, non deputati a fare business: terrazzo con ombrelloni, accogliente zona ristorante anche utilizzabile per meeting, area di consultazione per riviste e libri, area leisure.
L’idea progettuale è stata quella di disporre le aree operative lungo il perimetro, illuminati dalla luce naturale e collocare nel corpo centrale le aree di supporto.
Criteri di scelta e modalità di utilizzo degli arredi.
Uscire dal paradigma “sono seduto alla scrivania quindi sto lavorando” e passare a “vado in ufficio per lavorare e decido dove voglio farlo” implica una valutazione diversa degli arredi che assumono il ruolo di strumenti per assecondare questo cambiamento.
Non è solo il rapporto qualità/prezzo, ma la flessibilità la forma e dimensione. Se in passato l’arredo per ufficio si è evoluto seguendo l’evoluzione della tecnologia, oggi evolve basandosi sui modi di lavorare.
Definita una rigida “clean desk policy”, ogni segno di personalizzazione è stato eliminato alla workstation, il telefono è sostituito dal Pc e dalle cuffie; si riducono i contenitori per l’archiviazione cartacea e le cassettiere sono quasi totalmente sostituite da lockers chiusi e personali ubicati in posizione centrale e accessibile.
Le postazioni non sono assegnate però molte persone tendono a tornare sempre alla stessa scrivania. Un insuccesso? No, piuttosto un istintivo comportamento di appropriazione del territorio che non toglie flessibilità perché, in caso di assenza dei dipendenti più stanziali, queste scrivanie sono comunque disponibili per chiunque altro.
coca cola pietro fiorani Smart Working lavoro agile 2016 PDF