
Come guidare il lavoro ibrido? È stato questo il tema del webinar di Vitra “Distributed Work”, che ha affrontato il tema di futuri ways of working ibridi. Come non fare morire la cultura aziendale nell’epoca del nomadismo digitale? Come stabilire delle regole, mantenendo la necessaria flessibilità? Come guidare le scelte e favorire l’innovazione in un mondo del futuro sempre più incerto? Questo incontro, selezionato nell’ambito della nostra rubrica WOWbinar, fornisce alcuni spunti per rispondere a queste domande.
Il lavoro ibrido e distribuito è qui per restare. Questa è la constatazione da cui è partito il webinar. I motivi? La sperimentazione della sua efficacia da parte delle aziende in pandemia e i grandi investimenti già fatti nell’adeguamento dell’infrastruttura tecnologica aziendale; il boom dell’abitudine all’utilizzo di strumenti tecnologici da parte dei dipendenti, come anche al distanziamento sociale; infine, il progressivo scomparire della stigmatizzazione del lavoro da remoto.
Eppure, per ogni azienda c’è una soluzione diversa. A livello internazionale si passa da Dropbox che va verso un modello aziendale totalmente distribuito, senza più una sede, ma con piccoli hub sparsi e aziende come Netflix e JP Morgan che non vedono l’ora di riabbracciare i propri lavoratori anche in modalità fully presence.
Ogni azienda è chiamata, dunque, a pensare alla propria complessa coreografia, tra uffici, case, hub e piccoli uffici regionali, per gestire uno spettro che va da fully remote workers e lavoratori totalmente in presenza. L’importante è dare un framework chiaro e condividere delle linee guida precise per non fare ricadere la scelta solo sulle spalle del dipendente, ma per trovare una soluzione comune all’interno del team.
E se questo nomadismo e la pervasiva incertezza sembrano minare il senso di appartenenza verso la propria azienda, come sostiene Giampietro Petriglieri, professore associato di Organisational Behavior all’università INSEAD, il modo migliore per tenere “legati” a sé i propri dipendenti è aiutarli a rimanere mobili. Come?
Fornendo continue opportunità di apprendimento, e trasformando i propri uffici in dei veri e propri campus. In altre parole, garantendo costanti connessioni con lavori significativi e persone interessanti. È necessario, quindi, recuperare quel gap creato dal lavoro digitale circa il networking personale, l’apprendimento informale e il mentoring che costituiscono i punti forti del lavoro in presenza.
Infine, uno degli effetti più pervasivi del lockdown, si vede ad un altro e più sottile livello: la crisi di creatività.
La creatività (o il modo di far fronte all’imprevisto, all’imprevedibile e allo sconosciuto) si accende quando un gruppo di persone lavora insieme, a stretto contatto, favorendo fenomeni come la serendipity, la commistione di diverse competenze e idee, e l’esposizione a differenti stimoli sensoriali.
Come favorire allora questa creatività dispersa?
• Sistematizzando la comunicazione e programmando attività extracurricolari che favoriscano la creatività (come contest di fotografia o gare di cucina)
•Creando “muri digitali” dove ognuno può visualizzare e contribuire ai progetti in corso postando un’idea in maniera non strutturata.
•Sfruttando la tecnologia per coinvolgere più talenti all’interno della propria azienda in un progetto, in maniera più fluida.
•Utilizzando sempre nuove tecnologie e sistemi per sperimentare nuovi modi di lavorare
• Cambiando le proprie prospettive mentre si lavora da remoto, favorendo il lavoro da zone sempre diverse della casa o nel contesto in cui si vive.
Anche per questi motivi il lavoro in presenza appare irrinunciabile, pur richiedendo un nuovo tipo di management basato, sempre più, sulla fiducia.
Testo di Gabriele Masi.
Immagini tratte da Vitra e-paper issue 05 (Marzo 2021)