
Uno stato di esaurimento vitale, una sindrome causata dai processi di stress ed ansia quotidiani che lentamente possono minare la nostra salute fisica e mentale. Questa è la sindrome da burnout, un problema oggi sempre più diffuso, secondo la classificazione dell’OMS ICD-10 e ICD-11. Come prevenire il burnout in azienda? La responsabilità si gioca su tre livelli a cui abbiamo dedicato tre articoli diversi: l’individuo, il management, lo spazio.
La sindrome da burnout non è un problema nuovo. Già nel 1976 Maslach e Leiter avevano definito il fenomeno e le sue maggiori cause, riconducendolo all’orientamento verso i meri bisogni di budget delle organizzazioni postmoderne che riduceva il collaboratore a semplice strumenti per il raggiungimento di obiettivi economici.
Oggi la situazione è diversa: l’attenzione al rapporto tra benessere, felicità, engagement e produttività hanno cambiato la percezione del dipendente, valorizzandolo, in quanto corpo e mente, come asset creativo per affrontare le sfide dell’innovazione.
Ecco perché la sindrome da burnout, lontana dall’essere un esclusivo problema individuale, è diventata l’incorporazione del fallimento degli sforzi aziendali nella gestione di un asset fondamentale, una sindrome che colpisce l’individuo come sintomo di una organizzazione che non funziona correttamente.
Dall’altra parte il burnout continua ad essere una vera e propria patologia individuale, caratterizzata da inaridimento emotivo, perdita di empatia e ridotta capacità professionale, a cui l’azienda può far fronte attraverso l’educazione dei dipendenti, buone pratiche di management e di workplace design.
L’individuo
Secondo una ricerca pubblicata nel 2018 dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza, la sindrome da burnout è collegata con l’auto-efficacia di gestire le emozioni negative al lavoro. Credere nella propria self-efficacy, definita dallo psicologo canadese Albert Bandurra, come “capacità di orientare le proprie abilità sociali, emozionali, cognitive e comportamentale per assolvere scopi specifici”, è un fattore rilevante che influenzano parametri come scelte, aspirazioni, perseveranza, vulnerabilità allo stress.
Inoltre ogni dipendente è chiamato a conoscere quei piccoli campanelli di allarme che indicano un livello di stress e ansia lavoro correlati al di sopra di una sana soglia di sopportazione. La presenza di più sintomi di quelli elencati qui di seguito può essere una buona ragione per rivedere alcune delle proprie abitudini legate al proprio work-life balance:
- Difficoltà di concentrarsi: quando un alto livello di stress diventa cronico si sperimenta una drastica riduzione del livello di attenzione e ritenzione delle informazioni.
- Motivazione ridotta la minimo: una grande difficoltà di alzarsi dal letto e di trascinarsi al lavoro, in un contesto di consistente mancanza di entusiasmo sono fattori da tenere in grande considerazione.
- Aridità emozionale o estrema irritabilità: non riuscire a provare più felicità per quelle attività che ci davano piacere oppure passare rapidamente dalla rabbia alla tristezza, anche per piccole cose insignificanti, sono chiari segni di un’alterazione che può portare ad un esaurimento emozionale.
- Essere dipendenti e sentirsi colpevoli: la diminuzione della produttività nonostante le maggiori ore dedicate al lavoro crea spesso un loop tra sentirsi in colpa e prestazione insufficiente. È questa la radice della successiva dipendenza.
L’individuo però nell’organizzazione non è un isola: la migliore via per la felicità e il benessere dei dipendenti è infatti un management attento e trasparente e uno workplace costruito per il benessere fisico e per favorire l’autonomia organizzativa.
Cosa fare dunque se si presentano uno o più di questi sintomi?
Prima che lo “tsunami” del burnout si abbatta sulla mente e sul fisico, una volta percepiti dei campanelli di allarme ci sono dei piccoli rimedi che per quanto possano sembrare banali possono costituire l’inizio di un processo che porti ad un maggiore benessere:
- Respirare e prendersi una pausa o più pause durante la giornata. I momenti dei pasti possono diventare delle piccole oasi di ritrovato equilibrio
- Costruire un buon bilanciamento tra vita privata e lavorativa.
- Combattere l’inaridimento emotivo con una attività che ci dia energia e liberi la nostra creatività.
- Migliorare la capacità di dire di no: abbandonare obiettivi irrealistici e fare i conti serenamente coi propri limiti e col proprio diritto alla disconnessione (come previsto dalla Legge sul Lavoro Agile).
- Costruire delle buone relazione coi colleghi che ci permettano di sdrammatizzare e condividere i momenti di tensione.
Infine, come in tutte le patologie, quale il burnout rischia di trasformarsi, se i sintomi persistono è consigliabile consultare uno specialista.
Testo di Gabriele Masi.