Umberto Bertelè, Chairman degli Osservatori Digital Innovation, ha aperto i lavori del convegno di presentazione della ricerca OSW22 di Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
L’intervento, strutturato come una rassegna della stampa economica internazionale più qualificata, ha messo in luce gli “umori” e i dibattiti in relazione ad alcuni aspetti legati allo smart working.
Temi che in realtà hanno – e ancor più avranno nel prossimo futuro- un notevole impatto sulle trasformazioni dell’ufficio, della casa e della città, non solo negli USA.
Il primo punto toccato dal prof Bertelè riguarda lo scontro di visioni tra gli “imprenditori dinosauri” e i lavoratori propensi al lavoro agile.
I boss, in particolare, vedono nel lavoro da remoto un rischio per la produttività, per le relazioni sociali e i rapporti di amicizia sul lavoro e per l’apprendimento soprattutto delle giovani generazioni che si rapportano quasi esclusivamente via internet.
Altro aspetto che emerge dalla rassegna stampa è il cosiddetto “quiet quitting”, “l’abbandono silenzioso” un termine lanciato su Tik Tok che indica la tendenza di una parte crescente dei lavoratori (sfiora il 50% tra giovani) che pur rispettando le regole, tende a non fare nulla di più di quanto concordato, quindi rifiuto di straordinari e reperibilità, in altri termini una sempre minore disponibilità ad aderire alla vita e ai valori aziendali.
Le conseguenze di questo atteggiamento sono pesanti perchè alcune aziende potrebbero decidere di utilizzate automazione e intelligenza artificiale per sostituire le persone.
Dal canto loro i remote worker denunciano situazioni estreme come dover lavorare anche se ammalati oppure essere troppo spesso convocati con urgenza in orari extra lavorativi e in giorni festivi.
Si aprono quindi questioni delicate sul controllo e sui meccanismi per verificare se e quando le persone lavorano.
E’ ormai evidente, non solo negli Stati Uniti, che i Millennials e la Generation Z considera lo smart working una delle priorità nella scelta di un posto di lavoro. Nasce così il fenomeno della “Great Resignation” che in diversi articoli abbiamo già trattato su WOW.
La stampa internazionale pone grande enfasi sulle conseguenze di questa tendenza denominata “Variabile Z”, ovvero la disparità tra i settori che possono offrire modalità di lavoro flessibile rispetto a quelli che non possono applicarlo e quindi trovano difficoltà ad assumere giovani talenti.
Dopo la prima fase di smart working cambia anche la configurazione dell’ufficio. Se inizialmente abbiamo visto intensificare l’applicazione di open space per stimolare la collaborazione, ora in USA si assiste a una tendenza opposta, quasi un ritorno ai vituperati “cubicle”.
Per il rientro in ufficio le aziende stanno tendenzialmente adottando la formula hot desk office con postazioni su prenotazione, ma i lavoratori che in home working hanno sperimentato e apprezzato la possibilità di privacy ora sono più intolleranti al rumore e alle distrazioni che si generano in open space.
Ecco dunque che vengono eretti nuovi setup di partizioni basse sormontate da vetro per la “seated privacy”, ovvero capaci di offrire un senso di isolamento alle persone che stanno sedute, lasciando però la libertà di tornare in contatto con gli altri semplicemente alzando la testa al livello del vetro.
Anche la casa sta cambiando e, in previsione di possibili future pandemie o semplicemente per nuove abitudini lavorative acquisite, le società RE propongono iniziative immobiliari che soddisfino questi bisogni.
Non sono escluse dai cambiamenti le infrastrutture e l’urbanistica. Anche se i vantaggi dello smart working sono innegabili dal punto di vista ambientale/ecologico, alcuni svantaggi relativi ai trasporti si possono verificare quando non tutti i ldipendenti e non tutti i giorni lavorano da remoto. L’attuale situazione ibrida ha infatti portato a una riduzione del flusso dei trasporti con conseguente peggioramento del livello dei servizi.
Anche la città va dunque riorganizzata con un nuovo assetto urbano e infrastrutture più efficaci. Lo smart working ha permesso a molte persone di trasferirsi fuori città dove le abitazioni hanno un costo inferiore ed è migliore la qualità della vita, ma i servizi e i trasporti non si sono adeguati e sembrano non avere ancora recepito questo cambiamento.
La carenza dei trasporti viene sopperita dalla cosiddetta “Terza Dimensione” del lavoro ibrido ovvero dai coworking e hub vicini alle abitazioni che possono essere raggiunti velocemente, “luoghi terzi” in costante aumento sia nelle grandi città sia sul territorio extraurbano.