
“E’ nel gioco che l’essere umano esprime il massimo della sua intelligenza” diceva Isao Hosoe che con Loccioni aveva ideato il concept Play Factory, selezionato da ADI Index nel 2011.
Otto anni dopo ADI Index seleziona “Awareness Toy”, un altro gioco per adulti progettato da Fabio Guaricci, non a caso allievo del grande Maestro giapponese.
Il gioco può avere un ruolo importante anche nel workplace?
Ne parliamo con Lucia Berdini, Laughter&Play Coach, che ha fondato un gruppo che si chiama proprio -indovina un po’…- Playfactory.
E’ evidente che il percorso è stato tracciato da Isao Hosoe, fermamente convinto che fosse importante incentivare e diffondere una diversa cultura del lavoro basata sulla creatività e sul gioco.
La ricerca Play Factory sviluppata da Isao Hosoe con Lorenzo de Bartolomeis e Masaya Hashimoto, in collaborazione con Loccioni concretizza la rivalutazione del gioco e lo innalza a ispiratore di creatività, innovazione, crescita.
Da questi concetti parte anche Fabio Guaricci, designer con un approccio al progetto tipo Umanista, nell’accezione di attenzione e vicinanza all’umano come condizione.
Guaricci ha fondato Toy Design, studio di design del giocattolo e di prodotti educativi, che ADI Index 2019 ha selezionato nella categoria “Design per il Sociale” per la collezione “Awareness Toys”.
“L’adulto, a differenza del bambino ha poche occasioni di gioco e, forse anche per questo con gli anni tende ad esercitare meno le sue abilità nell’essere aperto alla scoperta, nell’accoglierla, nel vivere una vita pienamente creativa, nella quale possa ‘continuare a muoversi’ alla ricerca del proprio equilibrio” spiega Guaricci.
A Lucia Berdini, “genio positivo” che conduce corsi di formazione sul gioco e sulla risata incondizionata in azienda, chiediamo che ruolo può avere il gioco nel workplace.
Giocare dona senso alle relazioni e aiuta a trovare soluzioni efficaci.
“Quasi tutti gli animali giocano e l’uomo, tra questi, è quello che gioca più di tutti.
Giocare è un bisogno biologico primario, un istinto innato che ci permette di sviluppare delle competenze relazionali, fisiche ed emotive in un ambiente sicuro.
“Quando cresciamo il bisogno di giocare prende forme diverse: lo sport, il teatro, la danza, il canto, la cultura stessa, sono dei modi di giocare, come dice Huzinga. Ognuno ha un suo stile ed è fonte di grande benessere nutrire questi speciali accordi dell’umano, non veicolati da un fine, ma che trovano senso nel processo stesso.
Molti di noi lo dimenticano e vivono una vita frenetica, ossessionata dalla performance e spesso condita di playphobia: ‘il gioco è una perdita di tempo, è per persone poco serie’.
E così la paura di apparire fragili e umani ci fa perdere la meraviglia di andare ancora una volta sull’altalena.
La prima rivoluzione industriale e il retaggio protestante hanno avuto una parte importante nell’affermazione della visione meccanicistica del lavoro: i dipendenti sono ingranaggi, bisogna essere silenziosi e veloci, ogni allegria è bandita.
Oggi le cose stanno cambiando velocemente – e nei modelli descritti da F. Laloux – le organizzazioni che vanno verso una logica eco-sistemica, praticano davvero i valori di cui si fanno promotrici e mettono al centro l’umano, in queste organizzazioni i temi del gioco, del divertimento e della leggerezza stanno acquistando il posto di rilievo che meritano (anche se con più lentezza di altre variabili).
È così che lentamente si trasformano gli spazi, che gli uffici diventano luoghi di incontro, di relazione, con dei loro genius loci.
Così oggi ci si può anche divertire, in ufficio, si possono celebrare dei traguardi raggiunti insieme al proprio team, si può ridere e si può tornare a giocare. La massa critica di consapevolezza pronta per questo cambiamento si sta formando.
Siamo pronti per una rivoluzione della cultura aziendale, perché giocare (soprattutto analogicamente) è una tecnologia sociale in grado di portare ai massimi livelli motivazione, cooperazione e creatività – in poche parole ci fa passare senza sforzo dalla modalità reactive (attacco o fuga) alla responsive (equilibrio) e ci permette di fiorire come individui.
Questo fa sì che i risultati che si raggiungono, individualmente e collettivamente, superino le aspettative.
La chimica scatenata dal gioco è molto simile a quella della felicità. Quando giochiamo entriamo naturalmente in connessione con gli altri, abbassiamo le barriere, nutriamo il senso di appartenenza al gruppo e ritroviamo fiducia negli altri.
Giocare, in famiglia e nelle organizzazioni, dona senso alle relazioni e ci aiuta a trovare delle soluzioni efficaci, creative e sostenibili in un futuro che emerge in tutta la sua complessità”.
WOW! ringrazia Lucia Berdini per la collaborazione.
Didascalia
Awareness Toys, progetto selezionato d ADI Index 2019 nella categoria “Design per il Sociale”
Una collezione di 6 giocattoli in legno nati per consentire alle persone adulte di trarre beneficio dal gioco in un ottica di “Wellness-by-play”.
La convinzione che giocare può essere terapeutico è diventata una scommessa educativa che propone al giocatore un percorso di crescita personale nella forma di un giocattolo. Quest’ultimo quindi, per la prima volta, diventa un mezzo attraverso il quale esplorare, soppesare e mettere a fuoco aspetti della propria vita emotiva, dei propri equilibri e processi mentali. Mediatori relazionali che concretizzano in oggetti semplici concetti come instabilità, perdita e mancanza.